Reithera, risposta degli anticorpi al 93% dopo la prima dose. Il vaccino resta bloccato ma l’azienda pensa a un piano B

Oggi sono stati resi noti i risultati preliminari della fase 2 del vaccino made in Italy che, senza fondi pubblici, rischia di naufragare

Mentre si registra lo stop alle consegne alle regioni dei vaccini AstraZeneca e Johnson&Johnson almeno fino a metà agosto (per inutilizzo), arrivano i risultati preliminari della fase due del vaccino anti-Covid di Reithera. Si tratta del vaccino prodotto in Italia, quello che avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta al virus nel nostro Paese e che avrebbe dovuto renderci del tutto autonomi nella produzione di un farmaco contro il Covid, e che invece si è rivelato un flop a causa dello stop ai fondi pubblici da parte della Corte dei Conti. I dati pubblicati oggi da Reithera mostrano come il vaccino, se venisse davvero sovvenzionato dallo Stato, potrebbe rilevarsi molto utile per garantire l’immunizzazione di tutta la popolazione. Infatti risulta essere molto efficace nel produrre anticorpi contro il Covid. Lo studio, iniziato lo scorso 18 marzo in 24 centri clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale, è stato condotto su 917 volontari di cui il 25 per cento di età superiore ai 65 anni «e/o con condizioni associate ad un aumentato rischio di malattia severa in caso di infezione da SARS-CoV-2». I risultati dopo le prime cinque settimane dall’inizio della vaccinazione «confermano quanto già osservato nella fase 1: il vaccino è ben tollerato alla prima somministrazione e ancor meglio tollerato alla seconda». Gli eventi avversi? Per la maggior parte sono «di grado lieve o moderato e di breve durata». Si tratta di dolori al braccio, «senso di affaticamento, dolori muscolari e mal di testa». Non si sono registrati, invece, «eventi avversi seri correlabili al vaccino». Già tre settimane dopo la prima dose si è osservata «una risposta anticorpale contro la proteina Spike in oltre il 93 per cento dei volontari e si raggiunge il 99 per cento dopo la seconda somministrazione».


Il piano b di Reithera

Da quanto apprende Open, al momento «nessuna risposta chiara» è stata data a Reithera da parte del governo italiano circa la possibilità di finanziare la terza fase della sperimentazione del vaccino, quella che poi potrebbe portare all’approvazione del farmaco e dunque alla successiva distribuzione. Senza quei fondi difficilmente la terza fase potrà partire, anzi resta di fatto «vincolata» alla disponibilità degli stanziamenti pubblici. Le alternative, adesso, sono due: o accedere a fondi privati, che al momento non sono disponibili, o riconvertire gli impianti di Reithera, che ha i «bioreattori pronti», producendo di fatto tutti gli altri vaccini disponibili e già in uso nel nostro Paese. Dovendo rinunciare, però, al “sogno” del vaccino italiano. E c’è anche il problema dei volontari che hanno già partecipato alla sperimentazione ma che, avendo avuto un vaccino non riconosciuto in Italia, non possono nemmeno avere il Green pass, come denunciato da Open.


Foto in copertina: ANSA/FABIO FRUSTACI

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