L’infettivologo Andreoni salva la vita a un no vax con la respirazione bocca a bocca

«Stava affogando e io e mia moglie l’abbiamo tirato fuori dalle onde. Solo dopo abbiamo scoperto che era un no vax»

L’infettivologo Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, ha salvato un no vax che stava affogando. Lo ha raccontato lui stesso all’AdnKronos Salute: «Abbiamo visto da lontano una persona agitarsi tra le onde. All’inizio non capivamo bene, poi ci siamo allertati perché erano grida d’aiuto e ci siamo avvicinarci». «Gli ho praticato la respirazione bocca a bocca e siamo riusciti a salvare questa persona. Solo dopo io e mia moglie, parlando con la figlia che era sopraggiunta, abbiamo scoperto che questo uomo era un no vax».


«La notizia ha sconcertato mia moglie, visto che io l’avevo rianimato con la respirazione bocca a bocca», conclude Andreoni. «È chiaro che questa persona, non vaccinandosi, ha messo a rischio la mia salute». Proprio ieri Andreoni, parlando ancora con AdnKronos, aveva rimarcato l’importanza della vaccinazione per tutti: «Ogni classe di età ha un fattore di rischio in caso di contagio Covid. Un over 70 può avere conseguenze più gravi rispetto a un quarantenne, ma lo dico per esperienza: in reparto ho visto tanti casi gravi anche tra i giovani e anche molti che non sono usciti vivi dalla rianimazione. Quindi, devono vaccinarsi anche gli under 40, su questo non si deve scherzare e dovrebbero parlare solo gli scienziati».


E aveva criticato i politici che sconsigliavano la vaccinazione ai giovani: «Stiamo vedendo in maniera inattesa effetti della malattia da Covid anche in soggetti molto giovani. Questo sfata l’idea che l’impatto del Covid sia minore. Poi in queste settimane stiamo vedendo molti giovani che, pur avendo avuto una forma modestissima di patologia, stanno subendo le conseguenze del long Covid, con perdita del gusto e dell’olfatto per mesi, oppure anche alopecia e una profonda astenia». E infine: «Poi, e voglio sottolinearlo, dobbiamo considerare il vaccino un gesto altruistico che facciamo per difendere la comunità e non solo la nostra persona».

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