Andrei, 24 anni, italo-romeno che ha partecipato al rave party di Valentano in provincia di Viterbo, racconta oggi al Corriere della Sera cosa è successo nella festa illegale conclusasi ieri con lo sgombero. Lui, che è odontoiatra ma di mestiere fa il bracciante agricolo, dice che dietro il raduno c’era un’organizzazione meticolosa fino alla pedanteria dedicata allo spaccio e alla gestione degli stupefacenti: «Sulle auto erano stati allestiti cartelli con i prezzi delle sostanze. Chetamina: 5 euro. Lsd: 10 euro. E via così. Poi c’erano i “laboratori” della riduzione del danno dove le sostanze venivano preventivamente analizzate per non correre rischi inutili». E persino gli opuscoli con le informazioni di base diffusi fra i presenti per evitare comportamenti dannosi. Prima di Valentano gli organizzatori avevano provato la strada della Francia: «A maggio scorso, un free party con 5 mila persone a Redon, in Bretagna. Solo che lì la polizia ha caricato quasi subito».
Anche in Germania e Belgio i raver sono stati respinti quasi subito. E la prossima kermesse ha già un luogo e una data: «L’appuntamento è per l’1 settembre in Albania. Ma dove si svolgerà esattamente non lo sappiamo neppure noi che siamo nei gruppi Telegram dedicati agli eventi». I raver vengono infatti informati di volta in volta e soltanto all’ultimo momento. È andata così anche per Valentano: «Il giorno prima mi è stato detto di trovarmi a Chiusi a mezzanotte e lì avrei avuto l’indirizzo preciso». Che era quello del lago di Mezzano, nel terreno dell’ignaro (a quanto pare) Piero Camilli. Andrei spiega che c’è differenza tra i rave party organizzati in Italia e quelli all’estero: «Negli altri Paesi è molto accentuato l’aspetto di comunità, il senso collettivo della cosa. Ma in Italia, Paese di ragazzi viziati, si pensa più al business, lo spaccio è molto diffuso e c’è chi approfitta delle circostanze». Infine racconta la specialità della festa, ovvero la pizza fatta con la farina di canapa: «Era la specialità della festa. Se non ti fai spendi poco. Io me la sono cavata con quaranta euro in cinque giorni, più i soldi del treno per tornare a Modena».
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