Afghanistan, la rieducazione talebana delle donne è già iniziata: spedite in Pakistan e costrette alla schiavitù sessuale

I miliziani offrono mogli alla popolazione locale in cambio dell’arruolamento nelle schiere talebane. Le storie dell’attivista Shukria Barakzai e della direttrice di orchestra Negin Khpalwak, entrambe fuggite dal nuovo Medioevo afgano

Nessuno ama vivere in un regime, dove la democrazia è soppressa e a comandare sono uomini senza scrupoli che girano per le città imbracciando fucili d’assalto M4, di fabbricazione americana. Chi ha le armi comanda. E con il ritiro dei vari organismi internazionali dall’Afghanistan, inesorabilmente, è iniziata l’erosione dei diritti civili di cui hanno goduto i 38 milioni di cittadini. Le frustate a chi indossa abiti occidentali, le percosse ai collaboratori delle ong, l’esecuzione a colpi di arma da fuoco di chi sventola la bandiera afgana. Essere donna, poi, in uno Stato governato applicando rigidamente la legge islamica, è ancora più difficile. Anche se sono passati 20 anni dall’ultima dittatura talebana del Paese e la leadership in barba e turbante sta tentando di mostrarsi meno radicalizzata, gli studenti delle scuole coraniche hanno già iniziato ad annientare le libertà delle donne.


La rieducazione coatta in Pakistan

A inizio luglio, quando l’avanzata dei talebani era già a buon punto, è partito un ordine dai capi che avevano preso il controllo delle province di Badakhshan e Takhar: i leader religiosi locali dovevano fornire loro un elenco di ragazze di età superiore ai 15 anni e vedove con meno di 45 anni per costringerle a sposare i combattenti talebani. Cosa succede alla future mogli dei miliziani? Vengono portate con la forza nel Waziristan, regione montagnosa del Pakistan che confina con l’Afghanistan, per essere rieducate secondo i dettami dell’Islam radicale, spiega Vrinda Narain sull’Independent. Quando si è sparsa la voce che i talebani avrebbero catturato in maniera coatta le donne del Badakhshan e Takhar, la gente di queste due province a Nord-est del Paese ha abbandonato la propria abitazione, unendosi alle orde di sfollati. Solo negli ultimi tre mesi, i profughi interni Afghanistan sono aumentati di 900 mila unità. Un disastro umanitario.


La persecuzione delle artiste

Nonostante – a favore di telecamera – i talebani di oggi sostengano di essere cambiati rispetto a quei dittatori che, dal 1996 al 2001, negavano alle donne la possibilità di lavorare e di istruirsi, le costringevano a indossare il burqa e le vietavano di uscire di casa senza un tutore uomo, o mahram, casi di rapimento di donne si sono già verificati. È la schiavitù sessuale con la quale gli studenti coranici ingrossano le file di future mogli da consegnare a chi si arruola. La partecipazione alla vita politica, sociale, culturale del Paese, per le donne, è abolita. Anche per questo Negin Khpalwak, la prima direttrice di orchestra afgana, è scappata. Lo scrive il Corriere della Sera. Fatta evacuare da Kabul, la giovane aveva lavorato anche come interprete per i soldati americani. «Ci aspettiamo che i talebani spengano la musica. Non hanno annunciato nulla ufficialmente, ma hanno già cancellato tutti i programmi di intrattenimento dalle tv e dalle radio. L’unica musica rimasta è la sigla dei notiziari», ha spiegato Ahmad Sarmast, direttore dell’istituto nazionale di musica dell’Afghanistan – in salvo a Melbourne -, che ha avuto Khpalwak tra le sue allieve.

Le percosse all’ex candidata presidente

Chi è stato impegnato con le arti, in Afghanistan, oggi è a rischio. Così come gli attivisti delle varie associazioni e onlus, chi ha partecipato alla vita politica. È il caso di Shukria Barakzai – candidata presidente del Paese – che vive nascosta con la sua famiglia «spostandomi da un posto all’altro, cercando di sopravvivere», racconta a la Repubblica. Aveva provato a fuggire da Kabul dopo la resa del governo e la ritirata delle forza straniere, ma è stata fermata dai nuovi capi dell’Afghanistan: «Domenica 15 agosto ero in aeroporto con mio marito per prendere un aereo commerciale. I talebani mi hanno riconosciuta, ci hanno presi e picchiati e stavano per spararci quando la folla è intervenuta e ci ha permesso di fuggire. A 20 metri i soldati americani ci guardavano. Ora mi nascondo. Sono sotto shock, non so come tutto sia potuto cambiare così in fretta», ha detto la 51enne, giornalista, politica e femminista musulmana. Ovvero, l’incarnazione di tutti i ruoli che i talebani vogliono abolire.

Leggi anche: