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Perché il Chievo è fallito: la versione di Campedelli

24 Agosto 2021 - 07:29 Redazione
luca campedelli chievo fallimento
luca campedelli chievo fallimento
Il presidente del club accusa: «La Figc ci ha trattato con disparità rispetto a casi simili. Tutto il calcio mi ha deluso»

Luca Campedelli divenne il più giovane presidente di club di calcio professionistico nel 1992 quando aveva appena 23 anni ed ereditò dal padre la guida della Paluani e la poltrona del Chievo. Oggi è proprietario di una squadra che non ha giocatori e non si può iscrivere al campionato. E mentre il suo ex calciatore Pellissier fonda l’Fc Chievo 1928, lui racconta in un’intervista a Repubblica perché i gialloblù sono falliti dopo essere stati per lungo tempo la più bella favola della Serie A: «La Figc ha deciso che non potevamo iscriverci né in Serie B, dove eravamo, né nei dilettanti. La ragione: alcuni arretrati nei versamenti Iva. Abbiamo chiesto per tempo di pagare a rate. L’ufficio riscossione delle Entrate ha riconosciuto il nostro diritto a frazionare i versamenti, ma a causa delle norme legate al Covid non ha potuto predisporre le necessarie pratiche. La prima rata l’abbiamo pagata il 28 giugno, 800mila euro dei 18 milioni che devo allo Stato. Ma non è bastato».

A Campedelli resta una sola carta da giocare: «Il Tar ha dato ragione alla Figc. Giovedì ci presenteremo al Consiglio di Stato, che ha accettato di anticipare l’udienza. Chiediamo l’iscrizione alla Serie B in soprannumero. Abbiamo fatto tutto secondo le regole. Il calcio vive sui debiti e i pagherò. Però alla fine paghiamo solo noi». Ma nel frattempo i buoi sono scappati: «La Figc ha consentito ai calciatori di liberarsi gratis e lo hanno fatto tutti, Primavera compresa. La gratitudine non è di questo mondo. I procuratori si sono arricchiti. I club rivali anche. Nel calcio devi dare senza pretendere niente. Siamo stati i primi ad allenare i ragazzini disabili, a portarli in ritiro. Ma nel pallone il bene non torna». E a quanto pare c’è anche una certa freddezza nei confronti del progetto di Pellissier: «Con lui non mi sento più. Nella vita è complicato trovare le persone ma è un attimo perderle. Leggo che ha intenzione di rilevare il club, a capo di una cordata. Sono pronto a parlarne, per i tifosi e per i 50 dipendenti, l’anima del club. Sto pensando come pagare loro gli stipendi. Se tradisci chi lavora per te è finita davvero».

Campedelli ritiene di essere vittima di un’ingiustizia, e ce l’ha soprattutto «Con la Figc che ci ha trattato con disparità rispetto a casi simili. Abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti per sapere se altri fossero nella nostra situazione, ma ci è stato negato. Tutto il calcio mi ha deluso. Non riesco più a guardare una partita». E ha paura per l’immagine della Paluani, che potrebbe soffrire per le vicende del club. Infine, svela cosa ha imparato da questa storia: «Da ragazzo avevo il mito del club inglese Preston North End, che a fine ‘800 stabilì il record di imbattibilità, ma non ho soldi per prenderlo e il mio inglese non è abbastanza buono. Certi sogni è meglio lasciarli tali. A trent’anni sognavo una Lamborghini. Ci salii, era scomodissima. Anche il calcio lo è».

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