Fake news, collaboratori di Trump e leggi ad personam: Bolsonaro sta architettando un colpo di Stato?

Una nuova legge per controllare i social network, i contatti con Jason Miller e Steve Bannon, la piattaforma Project Veritas: ecco la rete che sta aiutando il presidente brasiliano in vista delle prossime elezioni

Il 7 settembre, giorno della commemorazione dell’indipendenza del Brasile, il Presidente Jair Bolsonaro ha tenuto un discorso a San Paolo incitando i suoi sostenitori contro la Corte Suprema Federale (STF) e contro il ministro Alexandre de Moraes, responsabile delle indagini a carico dello stesso Presidente che hanno portato all’arresto di alcuni suoi collaboratori. Bolsonaro ha dichiarato di non voler rispettare le decisioni della Corte, intimando il ministro – definendolo come «mascalzone» – a rivedere le proprie posizioni con un chiaro avvertimento: «La pazienza del nostro popolo è già finita». Secondo i contestatori del suo operato, il Presidente starebbe gettando le basi per un colpo di stato in vista dell’eventuale risultato elettorale a lui sfavorevole nel 2022.


Durante la conclusione del suo discorso, Jair Bolsonaro ha chiesto ai suoi sostenitori di diffondere un messaggio contro coloro che vorrebbero renderlo ineleggibile: «A quelli che pensano di togliermi la presidenza con una penna, dico che abbiamo tre alternative: o la prigione, o la morte o la vittoria. Dite ai bastardi che io non sarò mai arrestato. La mia vita appartiene a Dio, ma la vittoria appartiene a tutti noi!». Secondo quanto dichiarato dai giuristi intervistati da TV Globo, Bolsonaro avrebbe violato i principi costituzionali, ingerendosi in qualità di Presidente della Repubblica nelle decisioni della Corte Suprema Federale e minando l’indipendenza dei Poteri dello Stato. Il governatore di San Paolo, Joao Doria (PSDB), ha dichiarato di voler sostenere l’impeachment del Presidente Bolsonaro.


Le indagini a carico di Bolsonaro

Jair Bolsonaro è sotto inchiesta per diversi reati che avrebbe commesso nel corso del suo mandato, indagini autorizzate dalla Corte Suprema Federale (STF). Nel 2020, l’ex ministro della Giustizia Sergio Moro aveva accusato il presidente di una presunta interferenza nelle indagini della Polizia federale per avere accesso alle inchieste sulla sua famiglia. Bolsonaro è accusato di aver commesso reati contro la pubblica amministrazione a seguito delle trattative per l’acquisto di Covaxin, il vaccino anti Covid-19 indiano. Un funzionario del Ministero della Salute ha dichiarato di aver subito pressioni per l’acquisto del vaccino, che secondo la Corte dei conti federale (TCU) è risultato il più costoso tra quelli negoziati dal governo brasiliano, per un importo – non ancora erogato – pari a quattro volte il prezzo di AstraZeneca. I tempi per l’accordo risultano brevi rispetto a quello degli altri vaccini, per un totale di 97 giorni di trattative contro i 330 impiegati per Pfizer.

Durante il mese di agosto 2021, il ministro Alexandre de Moraes aveva autorizzato un’indagine contro il Presidente Bolsonaro accusato di aver rivelato indebitamente, tramite i propri account social, informazioni riguardo l’indagine della Polizia federale. Bolsonaro è sotto indagine con l’accusa di aver rilasciato accuse, senza prove, contro il sistema elettorale elettronico brasiliano. L’inchiesta riguarda non solo la diffusione di notizie false e fraudolente, ma anche minacce nei confronti dei giudici della Corte Suprema. Quest’ultima, nel 2020, aveva dichiarato incostituzionale la riforma dell’ex Presidente Dilma Rousseff che prevedeva la stampa del voto elettronico, una decisione che secondo Bolsonaro renderebbe le elezioni non verificabili attraverso un conteggio pubblico dei voti.

La legge che favorisce le fake news

Il 6 settembre 2021 il Presidente Jair Bolsonaro ha emanato una norma provvisoria che prevede alcune modifiche della legge civile Marco Civil da Internet (MCI) e la Legge sul diritto d’autore (LDA) che regolamentano l’uso dei social network in Brasile. Il Marco Civil consentiva alle piattaforme social di mettere in atto le proprie politiche di moderazione, mentre Bolsonaro inverte il processo negandole del tutto e imponendo i social di mantenere i contenuti online salvo specifiche eccezioni. Rispetto a quanto poteva accadere in passato e prima della norma provvisoria, firmata dallo stesso Bolsonaro, il Presidente non potrebbe subire una moderazione da parte dei social network in caso di diffusione di notizie false o di eventuali atti di incitamento all’odio durante il periodo che precede il voto del 2022. Una sorta di legge ad personam che, se applicata negli Stati Uniti, avrebbe impedito l’esclusione di Donald Trump dalle piattaforme a seguito delle elezioni del 2020 e dell’attacco a Capitol Hill da parte dei suoi sostenitori.

Il provvedimento provvisorio rende di fatto inapplicabile l’operato dei Fact-checkers che collaborano con Facebook nella verifica dei fatti (qui il programma). Di fronte a un contenuto falso e fuorviante, che potrebbe condizionare il dibattito pubblico in vista delle elezioni del 2022, l’eventuale moderazione e la limitazione della sua diffusione sul social verrebbe giudicata illegale e sanzionata non solo a livello pecuniario, in alcuni casi potrebbe scattare la sospensione delle attività previste dalla legge.

Il nuovo social network e il collaboratore di Trump

Non tutti i social network sono uguali. A seguito della cacciata di Donald Trump da Facebook e Twitter è stata lanciata la piattaforma di microblogging Gettr, fondata dal già collaboratore dell’ex Presidente degli Stati Uniti Jason Miller. Presente sul web dal primo luglio 2021, il nuovo social network è frequentato anche dai sostenitori di Bolsonaro che avrebbero pubblicato contenuti ritenuti minacciosi per la tenuta democratica brasiliana. Il 7 settembre 2021 la Corte Superiore Elettorale ha sospeso la monetizzazione della piattaforma in quanto diversi utenti risultano indagati nell’inchiesta sulle Fake News aperta dal ministro Alexandre de Moraes.

Jason Miller si trovava in Brasile il 7 settembre 2021 in qualità di relatore della Conservative Political Action Conference (CPAC). Durante il suo ritorno negli Stati Uniti, è stato interrogato per tre ore dalla Polizia federale all’aeroporto di Brasilia. Il collaboratore di Mille, Matthew Tyrmand (già collaboratore del sito di disinformazione di estrema destra Breitbart), accusava la Corte Suprema Federale – definendola antibolsonarista – di averlo interrogato dopo il suo incontro con Jair Bolsonaro e suo figlio Eduardo.

Secondo quanto appreso da TV Globo, Miller sarebbe stato interrogato in merito alle indagini su un’organizzazione digitale e il finanziamento di manifestazioni che, nel 2020, erano scese in piazza per sostenere attività antidemocratiche e anticostituzionali come la chiusura del Congresso e della Corte Suprema. Miller non ha risposto alle domande delle autorità brasiliane. Jair Bolsonaro potrà contare su un ulteriore alleato per le elezioni del 2022: Steve Bannon. Il figlio Eduardo aveva incontrato Bannon a inizio agosto 2021 durante una conferenza organizzata da Mike Lindell, l’uomo d’affari sostenitore di Trump e sostenitore delle teorie di complotto (inclusa quella “italiana“) sulla vittoria di Joe Biden. Il 6 gennaio 2021, durante l’attacco di Capitol Hill, Eduardo era in compagnia della famiglia Trump.

Project Veritas e le false notizie

In una delle foto pubblicate su Twitter da Matthew Tyrmand, Jair Bolsonaro e il viglio Eduardo posano con una maglietta di Project Veritas, il gruppo di attivisti dell’estrema destra americana fondato dal complottista James O’Keefe.

Matthew Tyrmand opera all’interno del gruppo, il quale risulta essere collegato a Donald Trump in quanto finanziato dalla Donald J. Trump Foundation (qui il documento del 2015).

Il finanziamento da parte della Donald J. Trump Foundation a Project Veritas (2015).

Il gruppo Project Veritas si è specializzato in attività di operazioni sotto copertura al fine di ottenere prodotti multimediali ingannevoli per screditare politici e giornalisti. Nel 2017 una donna si era presentata ai giornalisti del Washington Post per sostenere che il candidato Repubblicano Roy Moore l’avesse messa incinta da adolescente, trovandosi costretta ad abortire a 15 anni. Una storia completamente falsa che la testata americana ha evitato di riportare viste le incongruenze nei racconti forniti, ma soprattutto perché la donna ha tentato più volte di ottenere delle opinioni sulla vicenda da parte dei giornalisti del Post. Questi ultimi, insospettiti, hanno successivamente scoperto che la donna è stata vista entrare negli uffici di New York del Project Veritas, intrattenendosi al suo interno per più di un’ora. A seguito della scoperta, non ha più risposto alle telefonate dei giornalisti del Post.

Non solo giornalisti e politici. Tra le campagne di disinformazione portate avanti da Project Veritas c’è quella volta a screditare l’organizzazione Planned Parenthood a favore delle campagne anti abortiste americane. L’operato del gruppo aveva permesso la diffusione di video modificati successivamente pubblicati su YouTube.

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