Il Green pass entra in nuova fase. Dopo il via libera del Consiglio dei ministri, dal 15 ottobre questo certificato diventerà obbligatorio in tutti i luoghi di lavoro. Una scelta che, viene specificato, vuole essere valida anche per i politici, visto che il Green pass diventerà obbligatorio anche per i «soggetti titolari di cariche elettive o di cariche di istituzionali di vertice». Fra i primi a commentare questa scelta c’è anche lo storico Alessandro Barbero, uno dei professori universitari che nelle scorse settimane hanno firmato la lettera contro il Green pass negli atenei. A margine di un incontro con Angelo D’Orsi, candidato sindaco per il centro sinistra a Torino, Barbero ha detto: «Non è quello che mi sarei aspettato. Devo dire che da sinistra l’idea di affidare alle aziende un compito di controllo sui loro lavoratori è una cosa rischiosa che va contro quello che la sinistra tradizionalmente ha cercato di evitare e cioè che gli imprenditori avessero troppo potere su quello che fanno i loro lavoratori. A me personalmente questo preoccupa, non è quello che avrei voluto».
La lettera, le critiche e le posizioni di Barbero
La posizione di Barbero sul Green pass aveva fatto parecchio discutere. L’Università del Piemonte Orientale, dove lo storico insegna, si era dissociata e diversi colleghi lo avevano criticato. Barbero aveva risposto che l’obiettivo della sua firma non era contrastare l’uso dei vaccini ma piuttosto criticare la scelta di puntare sul Green pass e non sull’obbligo vaccinale: «La frase più importante dell’appello è la prima: siamo preoccupati perché la disposizione vigente “estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”».
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