L’economista De Romanis: «Vi spiego perché i lavoratori devono pagarsi i tamponi»

La professoressa risponde a Landini: «Se qualcuno li vuole gratis significa che dovrà pagarli la collettività. Non è giusto»

L’economista Veronica De Romanis oggi su La Stampa risponde al segretario della Cgil Maurizio Landini, il quale ha sostenuto che chi lavora non deve pagare i tamponi ieri in un’intervista a Repubblica. De Romanis rievoca la frase di Milton Friedman sui pasti gratis e spiega: «In realtà, non è così. Se categorie di persone beneficiano in modo gratuito di alcuni beni significa che altre dovranno finanziarli. Nello specifico, quando Landini chiede al governo test gratis per chi rappresenta, sta – di fatto – chiedendo di farli pagare alla collettività. Inclusi i lavoratori». De Romanis critica anche l’idea che è sottesa a questo tipo di approccio: «Nel mondo di Landini, il vincolo di bilancio – ossia quel vincolo che obbliga per ogni spesa a trovare le coperture – è sparito. Inutile, quindi, chiedersi “chi paga”. L’importante è promettere. Pasti gratis, appunto. A ben vedere, però, non è solo il segretario della Cgil a non domandarsi “chi paga”. Lo fanno anche le forze politiche della maggioranza che – in questi giorni di preparazione della Legge di bilancio – si limitano a elencare spese da aumentare e tasse da tagliare. Di coperture non se ne parla. Il motivo è semplice. C’è il debito».


Perché, a suo parere, questo tipo di approccio oltre che sbagliato è anche pericoloso: «Far sempre passare il ricorso al debito come “la soluzione” non è solamente una scelta iniqua e miope. Ma, è anche una strategia che rischia di rivelarsi fallimentare ai tavoli europei. Nei prossimi mesi, Bruxelles avanzerà una proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita. Trovare un compromesso tra chi vuole più rigore e chi vuole più flessibilità non sarà facile. Un accordo potrebbe essere trovato sulla cosiddetta golden rule, che prevede la possibilità di scorporare le spese per investimenti dal calcolo del disavanzo. La logica è esattamente quella del debito buono: finanziare a debito solo le spese produttive e temporanee. La golden rule è invisa a diversi Paesi. Il timore è che gli Stati tendano a includere oltre agli investimenti anche le spese correnti. È già accaduto. Continuare a presentare tutto come debito buono non aiuta di certo chi, nello specifico Draghi, dovrà negoziare per noi».


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