I furbetti del reddito di cittadinanza sono 123 mila. E quei soldi non li rivedremo più

Le anomalie più frequenti riguardano la composizione del nucleo familiare e il reddito complessivo dichiarato. Ma anche se si scovano i furbi sarà difficile, se non impossibile, riavere il sussidio già percepito

Sono 123.697 i furbetti del reddito di cittadinanza. Alla data del 31 agosto scorso, su un totale di 3.027.851 persone che avevano ottenuto il sussidio, 123.697 hanno subito la revoca dell’assegno a causa di false dichiarazioni. Il Corriere della Sera spiega oggi che le anomalie più frequenti riguardano la composizione del nucleo familiare, il reddito complessivo e quindi l’Isee, la mancata dichiarazione dello stato di detenzione, o della presenza di condanne di particolare gravità, come l’associazione mafiosa. E i soldi che hanno percepito e nel frattempo speso i furbetti sarà molto difficile, se non impossibile, rivederli. Ma soprattutto, spiega il quotidiano, per il sussidio varato dal primo governo Conte con Lega e M5s in maggioranza, è necessario rivedere le regole che consentono di percepirlo.


Le famiglie con figli penalizzate

Oggi lo Stato spende 7,2 miliardi di euro l’anno per sostenere 1,37 milioni di famiglie sui 2 milioni totali di nuclei considerati poveri. Ma c’è un problema. Il livello di povertà dipende dalle entrate mensili in rapporto al costo della vita del luogo in cui si vive. Per questo l’Istat stabilisce soglie diverse di reddito al di sotto delle quali si è poveri. Questo vuol dire che oggi il 36% di coloro che prendono il reddito non se la passa bene, ma non è povero. Mentre c’è un 56% di poveri che oggi non riceve il reddito. Quelli tagliati fuori abitano al Nord e nelle metropoli. Un’altra disparità riguarda le famiglie con figli. Oggi un single può prendere di sussidio fino a 780 euro, mentre una famiglia con un figlio minore arriva a 1.080 euro e con tre figli sotto i 10 anni si ricevono 1.280 euro. Mentre il contributo per l’affitto è sempre lo stesso (280 euro) per un single come per una famiglia di 5 persone.


La scala che assegna le risorse, spiega il quotidiano va quindi riparametrata in funzione del costo della vita dei territori e del numero dei componenti, visto che oggi penalizza esageratamente le famiglie con figli. Poi c’è la questione dell’impiego. La condizione per percepire il reddito è quella di firmare il patto per il lavoro, vuol dire che chi è abile al lavoro si impegna a mettersi a disposizione dei centri per l’impiego. Ma ad oggi i patti sono stati stipulati solo con il 31% degli inviati. In nessuna Regione è mai stata applicata la «condizionalità» scritta nella legge: se rifiuti il lavoro perdi il reddito. Infine, gli incentivi. Le aziende che assumono un percettore di reddito hanno diritto a detrazioni contributive. Ma gli incentivi hanno agevolato le assunzioni solo dello 0,1% dei percettori di reddito abili al lavoro. Non hanno funzionato per due motivi. Il primo: la trafila burocratica. Il secondo: ce ne sono più semplici e vantaggiosi, per esempio per chi assume giovani o residenti al Sud.

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