I segreti de «La Bestia»: così funziona la fabbrica di popolarità social della Lega ideata da Morisi

Anche se orfano del suo ideatore, quello messo a punto dallo spin doctor leghista resta lo strumento di propaganda politica più efficace dell’ultimo decennio

C’è solo una persona che conosce tutti i segreti del successo di Matteo Salvini e della sua Lega, denordizzata e inserita in tutti gli angoli dell’amministrazione pubblica nazionale, dopo anni di irredentismo padano: Luca Morisi. Digital philosopher si definisce lui, «domatore di consensi» lo chiamano i suoi estimatori. E il secondo epiteto è più azzeccato se si pensa che la trasformazione del Carroccio da partito senza candidati sotto il Po a prima forza politica del Paese è stata possibile grazie alla Bestia. Lo dichiara – nel 2019 – lo stesso ideatore della fabbrica di popolarità virtuale: «Posso dire che è proprio sui social media che è iniziato, in tempi antichi e non sospetti, il passaggio dalla dimensione della vecchia Lega a quella nuova. Già dal 2014, quando Salvini ha assunto il ruolo di segretario, abbiamo iniziato a nazionalizzare la comunicazione. È lì che si è vista tutta la potenzialità che c’era. Di fatto, una rivoluzione copernicana nella Lega e posso dire che i social network sono stati fondamentali».


Morisi ha allevato un software collaborativo per l’automazione delle attività di propaganda sui social, ha addomesticato un team di una quarantina di persone pagate per intercettare i sentimenti della rete, influenzare le interazioni degli utenti e fomentare la loro emotività. Sia chiaro: la Bestia non si basa su alcun algoritmo progettato dal diavolo, la cui forza deriva dall’agire senza mai rivelarsi. La Bestia esiste, si vede, incalza il web a ogni ora del giorno tutti i giorni della settimana, con tecniche di persuasione apparentemente banali. Annunci delle apparizioni salviniane in tv, collage di foto semplici, sovrapposizioni di slogan brevi, tanto impattanti quanto basic dal punto di vista grafico. E ancora, frasi di derisione dell’avversario politico, scatti della quotidianità del segretario per farlo sembrare un utente italiano medio, che mangia pane e nutella, accarezza i gatti e manda agli amici il buongiornissimo kaffè. Una Bestia – solo apparentemente – a due facce, che si scaglia contro l’immigrato sul barcone e si congratula con il cane bagnino che ha salvato il natante in Riviera.


Adesso, il domatore Morisi ha dovuto lasciare le redini della Bestia: su di lui pende un’indagine della procura di Verona per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Dopo aver intasato la rete di post contro la legalizzazione di droghe leggere – coinvolgendo persino il defunto Stefano Cucchi -, Salvini ha mostrato il suo lato social più morbido con il guru della propaganda digitale leghista. «Quando un amico sbaglia – ha scritto su Facebook – e commette un errore che non ti aspetti, e Luca ha fatto male a se stesso più che ad altri, prima ti arrabbi con lui, e di brutto. Ma poi gli allunghi la mano, per aiutarlo a alzarsi. Amicizia e lealtà per me sono la vita». Nessuna condanna, nessun «scusi, lei spaccia?». Anzi, il leader del Carroccio si dice «dispiaciuto della schifezza mediatica che condanna le persone prima che sia un giudice, un tribunale a farlo – perché Morisi – è una gran brava persona, un amico». Ci sono giornalisti che sbattono «il mostro in prima pagina». La Bestia, in fondo, è stata anche questo: garantista con i suoi padroni, giustizialista con la preda di turno da dare in pasto ai propri figliocci. Merita rispetto la vicenda personale di Morisi, che rivendica «delle fragilità esistenziali irrisolte». Ma non ci si stupisca se in fondo al pozzo del web, chi fino a ieri ha avvelenato il dibattito oggi ne resta intossicato. È la Bestia che si morde la coda.

Cos’è e come funziona la Bestia

Il suo nome, prima di tutto. Non sarebbe un’invenzione della stampa: secondo uno degli spin doctor digitali più conosciuti, Alex Orlowski, gli stessi dirigenti della Lega avrebbero iniziato a chiamare così il sistema messo in piedi da Morisi. «Hanno anche registrato un dominio nel 2016, liberalabestia.it», avrebbe verificato Orlowski. E seppure quel sito non fosse stato registrato dal partito, singolare è che, quello stesso anno, da via Bellerio viene lanciato online il sito di informazione salviniana, Il Populista. Sui social della Lega rimbalza a intervalli regolari il claim della nuova testata: «Libera la bestia che c’è in te». Comunque la si chiami, la macchina che Morisi dirige dal 2013 ha al suo interno più artigiani di quanto possa sembrare: «La Bestia è un insieme di software collaborativo, per l’automazione di attività di cross-posting, creazione di grafiche, pubblicizzazione di eventi, monitoraggio di news», spiega. Per farla funzionare, però, servono 35 dipendenti che h24 leggono, confrontano, interpretano i pensieri degli utenti del web. La Bestia non esiste «per fare delle sentiment analysis o aggregare commenti in base ai temi: quella è un’attività che facciamo manualmente, non c’è alcun listening automatico – afferma Morisi -. Dopo tanti anni che viviamo sui social, riusciamo “manualmente” a capire dov’è che devi andare a parare».

Un esercito di utenti da mobilitare sui diversi social

Nonostante Morisi provi a sminuire continuamente l’importanza della tecnologia che sorregge la Bestia, «è tutto basato sul fiuto di Salvini e in parte sulla nostra analisi successiva sul rendimento delle pubblicazioni», il sistema sfrutta dei sistemi informatici che non sono alla portata di tutti. Nel 2014, quando la Bestia era ancora un cucciolo, il team di Morisi mise a punto il Diventa portavoce di Salvini: un tool che permetteva agli utenti che vi si registravano di retwittare automaticamente i contenuti condivisi da Salvini. Non i classici bot, ma persone reali che «accettavano di firmare una cambiale in bianco» illustra il digital philosopher. La Bestiolina, poi, si basava anche sull’uso di Telegram, dove venivano spammati i contenuti del segretario. Oggi che la Bestia è diventata grande, gli automatismi non sono più necessari: esemplificativo è il caso del gruppo Facebook Salvini Leader – quasi 100 mila iscritti – dove vengono mobilitate migliaia di persone reali a scrivere di un argomento, commentare una notizia, partecipare a iniziative. Un fan club in cui si annidano anche i cosiddetti troll: utenti che possiedono più di un account, si organizzano sui gruppi segreti – su Facebook, Telegram o Whatsapp – e iniziano a commentare un determinato post, per schernire gli avversari della Lega o per difendere il proprio leader. E di fanbase salviniane pullula il web: Epica del Capitano, Esercito di Salvini, Msl, solo per citarne alcune.

I primi esempi di gamification politica in Italia

Morisi smentisce di aver mai usato dei bot per alterare l’algoritmo dei social, diverse fonti giornaliste dicono il contrario. Di fatto, però, la Bestia è un sistema complesso nel quale interagiscono strumenti e strategie multiple. Tralasciando l’eventuale falange di account falsi, l’innovazione vera della Bestia è stata quella di creare un ecosistema pervasivo in grado di raggiungere sempre nuovi utenti, persino i giovanissimi di TikTok. E per far interagire le persone poco avvezze ai social, Morisi e i suoi hanno raccolto migliaia di sottoscrizioni alle mailing list, farcite di link ai post social di Salvini. Un fuoco di interazioni che si autoalimenta e che gli algoritmi del web apprezzano particolarmente. Come l’antesignano Diventa portavoce di Salvini, la Bestia ha generato un’altra innovazione nella comunicazione politica: il Vinci Salvini. Un giochino social semplice semplice: più like un account mette ai post del segretario, più possibilità ha di vincere o la condivisione una sua foto sulla pagina ufficiale di Salvini, o una telefonata con il Capitano o l’opportunità di bere un caffè insieme a lui. La gamification entra a far parte della propaganda in Italia.

Call to action e community bulding

Nelle spiegazioni fornite dallo stesso Morisi, la Bestia altro non è che un sistema tecnologico proprietario creato ad hoc per analizzare il sentiment della rete, monitorare l’andamento dei post di Salvini, osservare le keyword, analizzare i dati delle pagine correlate alla Lega. Nulla di diverso dai tool che utilizzano i social media manager di tutto il mondo. Per questo, è da considerarsi la Bestia vera e propria tutto il sistema della propaganda salviniana e il team che lo gestisce. E poi sì, la Bestia ha plasmato un proprio gergo, una propria identità grafica, scopiazzata dagli altri partiti dell’arco parlamentare, anche di sinistra. L’abuso della punteggiatura esclamativa e del maiuscolo. Un profluvio di emoticon e di citazioni boomeristiche. Niente comunicati stampa freddi e asettici. Ancora, un occhio mediamente attento si accorge della rigorosa alternanza nella tipologia dei post. Call to action e community bulding, poi, sono il mantra dei discepoli di Morisi.

Il circolo virtuoso che fa rimbalzare i contenuti tra tv, rete e territorio

La formula trt – tv, rete, territorio – poi, è la trinità alla quale si è vocata la Bestia: quando Salvini sta per comparire in televisioni, sui social viene aizzata la schiera dei suoi fan a seguire il programma. Durante la messa in onda, live tweeting, commenti ed estratti degli interventi contribuiscono a creare hype attorno alla trasmissione. E più si alza l’audience, più spesso il leader viene richiesto sui media. «Spolpare ogni evento o citazione importante su altri media fino all’osso, in un gioco di specchi», è il comandamento di Morisi. La Bestia non ha paura, infine di sconfinare in ambiti extra-politici per avvicinare il segretario al popolo: «Eterodossia per comunicare la tua ortodossia», meglio se fatto polemicamente, poiché la polemica incentiva il botta e risposta e, dunque, aiuta a colonizzare il dibattito pubblico. Questi accorgimenti, che richiedono un personale sempre connesso e tarato sulla stringente attualità, hanno reso Salvini il leader politico più seguito in Europa su Facebook e Instagram. La loro essenza è arte politica e abilità nella comunicazione umana, non un diabolico algoritmo segreto. La Bestia, anche se orfana di Morisi, resta lo strumento di propaganda politica in Italia più pervasivo dell’ultimo decennio.

Foto in copertina: Vincenzo Monaco

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