Inchiesta università, parla Galli: «Colpito perché famoso e scomodo». L’intercettazione: «Se continua così finisce in galera»

Le indagini a carico del professore di Malattie infettive della Statale di Milano sono partite prima della pandemia. La procura ravvisa i reati di turbativa d’asta e falso ideologico

L’infettivologo Massimo Galli è una di quelle persone che, se non ci fosse stata la pandemia di Coronavirus, avrebbe terminato la carriera medica e universitaria a breve, con meriti riconosciuti nel settore, dai suoi conoscenti, dal mondo accademico al più. Invece, comparsata dopo comparsata nelle tv a spiegare le dinamiche del contagio, il professore di Malattie infettive all’Università Statale di Milano è diventato un volto famigliare a tutti gli italiani. Seppure in modo velato, Galli ha sostenuto a Cartabianca che la popolarità sia stata la sua condanna: «Diventare personaggio pubblico ha molti contro e pochi pro». Di sentenze, in realtà, ancora non ce ne sono, ma il professore – insieme ad altri 23 docenti – è indagato dalla procura milanese per turbativa d’asta e falso ideologico: avrebbe pilotato alcuni concorsi di medicina all’università dove insegna. «Forse è scomodo che in tutta la mia vita abbia cercato di applicare criteri meritocratici. Ma sono abituato a tenere la schiena dritta», ha aggiunto nella sua ultima uscita su Rai3.


Gli allievi favoriti

Nello specifico, Galli avrebbe favorito un proprio beniamino – Agostino Riva – in un concorso universitario presso l’ateneo meneghino, a discapito di un altro candidato – Massimo Puoti – molto più titolato del vincitore di quella gara. Come ci sarebbe riuscito? Secondo le intercettazioni della procura, il professore avrebbe stabilito in prima persona i criteri di selezione della commissione giudicatrice, privilegiando le pubblicazioni nelle quali, a prescindere dal prestigio della rivista scientifica, il nome del candidato comparisse come primo o ultimo autore, no nel mezzo del gruppo. Stando al materiale raccolto prima ancora che scoppiasse la pandemia, Puoti, capendo di essere stato messo fuori dai giochi, si sarebbe ritirato precipitosamente dal concorso, per facilitare Galli nella premiazione del suo pupillo e chiedergli, in cambio una raccomandazione per un concorso a Napoli.


La segretaria preoccupata

Gli inquirenti ritengono che il professore non solo sia caduto in conflitto di interessi, giudicando un candidato con il quale aveva tessuto stretti rapporti professionali – i due sono coautori di molte pubblicazioni -, ma abbia esautorato le prerogative degli altri due commissari – Claudio Mastroianni della Sapienza e Claudia Colomba dell’Università di Palermo – rendendo il concorso a giudizio arbitrario e monocratico. La segretaria di Galli, nelle intercettazione, si dice addirittura sconcertata per la disinvoltura con la quale il professore comunica agli altri docenti la piega impressa al concorso. «Se Massimo continua così finisce in galera». Ma non è l’unica prova d’esame per la quale Galli è indagato: il direttore delle Malattie infettive del Sacco è sotto la lente della procura per altri due concorsi, tra cui quello vinto da Gianguglielmo Zehender. Poi, gli inquirenti stanno cercando di definire se nella selezione di quattro dirigenti biologi con contratto a termine, la scelta dei commissari indicati da Galli per propiziare due candidate costituisca anch’essa reato. L’esito di quest’ultimo concorso, però, non è andato esattamente come si crede sperasse Galli: a opporsi a lui un’altra scienziata, Maria Rita Gismondo, che aveva minacciato di rivolgersi ai magistrati in caso di irregolarità.

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