«Quello che ancora non si capito è che non c’è salute fisica senza quella della mente e che i numeri post pandemia sono solo il risultato di anni di fondi ridotti all’osso». Parla così Margherita Fioruzzi nella giornata mondiale dedicata alla salute mentale. È la fondatrice di Mama Chat, il primo sportello europeo di supporto psicologico alle donne in difficoltà che ormai da quattro anni ha aperto le porte di Internet al servizio di orientamento e assistenza sanitaria per chi non sa a chi chiedere aiuto. Quindicimila in tutto le donne adulte ma anche giovani e adolescenti che finora si sono rivolte alla chat: dall’altra parte del telefono un team di più di 50 persone di cui 30 psicologhe e psicoterapeute pronte a riempire le grosse lacune di un servizio territoriale che non riesce a tenere il passo. Depressione, disturbi alimentari, violenza psicologica, dipendenza affettiva, attacchi di panico, stress sul lavoro, maternità e rapporti familiari difficili: sono solo alcuni dei problemi raccontati da chi decide di entrare per la prima volta in chat, «uno strumento che si è rivelato fondamentale per tutte quelle le donne che hanno paura di esporsi in modo diretto e che per questo vivono enormi disagi in solitudine».
«Le prendiamo per mano»
Sono state le donne di Quarto Oggiaro, nella periferia milanese, a ispirare Margherita Fioruzzi: «Con Save the Children abbiamo capito quanto fosse forte il loro disagio nell’esprimere difficoltà reali di depressione e violenza psicologica, da lì l’idea di fornire uno strumento che fosse davvero accessibile e raggiungibile da tutti». E così dal 2017, «senza fondi e sostegni», l’Associazione fondata da Margherita Fioruzzi e Marco Menconi, editor digitale del progetto, è cresciuta in modo esponenziale: riconosciuta nel 2018 come migliore startup sul Welfare, è presto diventata il modello per un’assistenza a distanza che nel corso degli anni ha ispirato molti centri anti violenza e consultori.
«Siamo andati avanti con un metodo semplice quanto efficace di supporto territoriale», spiega la fondatrice, «le persone possono chiedere aiuto attraverso lo spazio apposito creato sul nostro sito per chattare. A risponderle ci sarà una delle nostre esperte che cominciando una conversazione conoscitiva la aiuterà a individuare il problema. Da lì parte un lavoro di orientamento assistenziale mirato a cercare un centro pubblico nella sua città che possa essere specializzato nella patologia o nella difficoltà da trattare». Una presa in carico che non termina con il trasferimento delle informazioni ma «che accompagna le donne in un percorso di consapevolezza del problema. Le incoraggiamo e prendiamo per mano nel corso di tutto il percorso di approdo alla fonte d’aiuto».
Le video terapie
Nata nel 2017 come associazione online, Mama Chat ha presto capito quanto le difficoltà dei territori locali nell’offrire servizi per tutti fosse un problema sempre più forte. «Da un paio di anni a questa parte ci siamo resi conto dell’alta richiesta anche di assistenza oltre che di orientamento da parte delle donne che ci scrivevano» racconta Fioruzzi, «e così abbiamo deciso di rispondere a un mix di bisogni: da una parte l’esigenza di sopperire alla mancanza di servizi legati al salute mentale nelle singole realtà locali, dall’altra l’assenza di sostegno psicologico attraverso i canali digitali, letteralmente scoppiato poi nel periodo di pandemia».
Quando l’isolamento causato dal Covid-19 non era ancora arrivato a potenziare il ruolo della comunicazione a distanza, l’idea di Mama Chat è stata quella di allargare le possibilità di aiuto pensando a un servizio di psicoterapia online in tutta Italia. «Dopo la chat siamo approdati al servizio di video terapia. Abbiamo avuto immediatamente un successo enorme. Pazienti di tutte le età e di tutto il territorio nazionale hanno cominciato ad usufruire delle video terapie fatte con le nostre dottoresse approfittando di un costo molto basso rispetto alla media nazionale, 36 euro per ogni seduta».
«Dal 2020 richieste quintuplicate, 10 casi di autolesionismo al mese»
Ai tempi del primo lockdown, nel marzo del 2020, Mama Chat era già attiva con il suo servizio online, ma niente poteva presagire un bombardamento di richieste di aiuto come quello di cui la fondatrice è stata testimone. «Dal primo periodo di isolamento nel 2020 ad oggi le richieste in chat sono quintuplicate con il +50% di casi di depressione e +30% di disturbi alimentari». La prima realtà in Europa ad aver capito l’importanza dei canali digitali nell’assistenza ai problemi mentali ha dovuto fare i conti nel periodo della pandemia con le lacune assistenziali del sistema sanitario pubblico. «Sono cominciate ad arrivare centinaia di richieste di aiuto per violenza psicologica esercitata soprattutto tra le mura domestiche. Una modalità di oppressione che spesso viene considerata secondaria alla violenza fisica ma che non lo è affatto» continua a raccontare Fioruzzi, sottolineando il grande cambiamento anche sul fattore età.
«Solitamente facevamo supporto a donne adulte ma dal 2020 è stato drastico l’abbassamento dell’età di chi ha cominciato a chiederci aiuto: moltissime minorenni sono ricorse al sostegno delle nostre psicoterapeute o ci hanno chiesto a chi potersi rivolgere per un aiuto concreto. Si parla di 13/14enni e di una media di circa 10 casi di autolesionismo al mese». Un bollettino di guerra, soprattutto per i giovanissimi, che Open ha già raccontato nel caso specifico dei disturbi alimentari e che continua a riempire i reparti di psichiatria infantile di tutta Italia.
«La difficoltà nel non poter uscire, le convivenze forzate in contesti familiari disastrosi, il non trovare sostegni immediati ed efficaci anche in condizioni di emergenza sanitaria ha fatto sì che che chiedessero aiuto anche persone non avevano mai sofferto di problemi mentali o che non avevano mai richiesto assistenza psicologica», dice Fioruzzi. Da Mama Chat arriva il racconto di un’epidemia nell’epidemia che non accenna a placarsi. «Si parla di ripresa della vita, di curve che scendono, di riaperture: ma molti sono rimasti fermi al 2020, con un dato di emergenza dal primo lockdown che secondo il nostro osservatorio è rimasto invariato».
Il grande vuoto assistenziale
«La vita è ripresa ma certi vissuti non si rimarginano da soli». L’appello di Fioruzzi è ora quello «di una risposta a lungo termine» per tutte le vittime di un pregiudizio gravissimo. «Si pensa che essere depressi sia una scelta, che subire violenza psicologica sia il risultato di una responsabilità in primis della donna che accetta il fatto, che decidere di non mangiare o mangiare fino allo sfinimento sia un capriccio: si pensa che in fondo chi ha davvero bisogno di aiuto è chi sta male nel corpo». Un problema che il sistema sanitario non riesce a risolvere: «Stiamo scontando anni di mancati investimenti per la salute e il senso di frustrazione per chi non comprende la gravità delle richieste di aiuto è enorme. Non possiamo impegnarci nell’orientamento delle persone in difficoltà se poi i consultori o i centri di assistenza sono strapieni perché mancano altre strutture, se i fondi sono ridotti all’osso e le persone continuano a morire di suicidio o di anoressia nervosa perché non c’è nessuno che le cura».
L’appello da chi combatte sul campo è quello di un impegno concreto e soprattutto immediato, «provando a stare al passo con altri Paesi europei molto più consapevoli del problema», spiega Fioruzzi. «Utilissima la proposta della Francia di fornire voucher per psicologi ad adolescenti e famiglie, ancora più all’avanguardia per i nostri standard l’idea di uno psicologo di base sempre presente così come già accade con la figura del medico di famiglia: tutte scelte fattibili e che è il momento di rendere accessibili sul serio». Il numero del team di Mama Chat è sempre attivo ma l’emergenza non si placa: «Ora serve aiuto. Per fortuna in Italia c’è un terzo settore incredibile ma che non può farsi carico di una problematica così imponente. La decisione è politica».
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