Verso la terza dose per tutti: quando il vaccino diminuisce l’efficacia e a chi va fatta prima

La ripresa dei contagi in Italia e in Europa. Il richiamo necessario prima di tutto per i fragili. Ma poi anche per gli altri. Perché serve un potenziamento della risposta immunitaria

L’Italia va verso la terza dose di vaccino contro il Coronavirusper tutti. Che l’ipotesi fosse «uno scenario verosimile» lo ha detto già il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro. E ieri l’agenzia del farmaco Usa (Ema) ha dato il via libera al richiamo di Moderna per tutti gli over 18. Adesso anche in Italia la direzione è quella di superare l’idea di fare la terza dose soltanto ad anziani e fragili, come deciso dal ministero della Sanità. E di andare verso un calendario che prevede la somministrazione per ogni fascia d’età. Uno scenario confermato dal direttore generale della prevenzione Giovanni Rezza: «Sulla base di studi effettuati in Israele e negli Stati Uniti si è pensato di coprire le persone più a rischio, che hanno quasi tutte completato il ciclo primario più di sei mesi fa. Ora si sta valutando se e quando dare una dose aggiuntiva alle persone più giovani». E che vede favorevole anche il presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico-scientifico Franco Locatelli: «C’è un sistema di prenotazione disponibile per gli over 60, poi c’è la possibilità, che nel tempo considereremo, anche per i più giovani».


La ripresa del contagio

D’altro canto si cominciano ad osservare, in Italia come in Europa, i segnali chiari di una ripresa del contagio. Il Corriere della Sera spiega oggi che dopo i dati allarmanti di Gran Bretagna e Germania, anche in Italia il tasso di positività è risalito sopra l’1% e sono aumentati anche i ricoveri (+106). La situazione non è preoccupante perché c’è un alto numero di vaccinati. Ma intanto l’ipotesi terza dose per tutti è sul tavolo delle autorità sanitarie. Ed è già in cantiere per chi ha ricevuto il vaccino Johnson & Johnson. Il quotidiano spiega che la somministrazione in più è necessaria perché con il tempo diminuiscono gli anticorpi e durante l’inverno la possibilità di contagio aumenta. E aggiunge che può essere somministrata anche dopo 28 giorni dalla seconda per gli immunodepressi, cioè chi non ha risposto in maniera efficace alle prime due. Il richiamo vero e proprio, invece, va fatto a distanza di almeno sei mesi dalla seconda dose.


L’immunologa dell’università di Padova Antonella Viola spiega che la prima variabile che incide sul calo dell’efficacia vaccinale è l’età. Il vaccino che ha dimostrato di avere minore capacità di indebolimento è quello di Moderna. Mentre chi ha fatto J&J è come se avesse ricevuto soltanto una dose di AstraZeneca. Per questo è necessario il richiamo. Viola spiega anche quali criteri dovrebbe seguire il calendario della terza dose: «L’età e il rischio di malattia severa da Covid-19: le persone dai 60 anni in su sono più soggette ai ricoveri perché il loro sistema immunitario invecchia e questa considerazione dovrebbe guidare la scelta dei richiami. Non c’è accordo tra gli scienziati sulla necessità di un richiamo per tutti, ma ora si ipotizza che con il tempo verrà fatto. Il calendario delle terze dosi, invece, è quello indicato da Ema (l’Agenzia del farmaco europea) e applicato in Italia. In ordine di priorità: immunocompromessi, over 80, residenti nelle Rsa, personale sanitario, over 60 fragili».

Perché l’efficacia del vaccino diminuisce

La terza dose è stata anticipata a causa della variante Delta e della sua maggiore trasmissibilità. Che la rende capace di contagiare anche i vaccinati, seppure in misura minore. Il richiamo rappresenta quindi un potenziamento della risposta immunitaria, che può anche superare quella con le sole due dosi. Quanto dura l’effetto del potenziamento? «Non lo sappiamo ancora. Ci sono due incognite: non si conosce quanto duri nel tempo l’immunità e non si sa come cambierà il virus. Se muterà poco, probabilmente i vaccini potenziati basteranno per diversi anni, se il Sars-CoV-2 dovesse continuare a cambiare è possibile che si dovrà fare un nuovo vaccino tra un anno».

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