Billie Jean King: «Ho dovuto ammettere che amavo una donna ed è stata dura. Ai giovani dico: non vergognatevi»

Un’autobiografia, e una battaglia per l’uguaglianza che non è ancora finita. Sul tennis italiano: «Avete una generazione piena di futuro»

Combatti per quello a cui tieni. Ma fallo in modo che spinga gli altri a unirsi a te. Comincia così, citando la giudice Ruth Bader Ginsburg, l’autobiografia di Billie Jean King, una delle più grandi giocatrici di tennis e atlete della storia: Tutto in gioco, uscito in Italia per La Nave di Teseo. L’americana King ha vinto l’inimmaginabile. Ma soprattutto ha lottato, ed allora era una sfida ancora più di oggi, contro il sessismo, fondando tra l’altro la Women’s Tennis Association (WTA). «Se perdo, le donne torneranno indietro di 50 anni almeno», pensava. Proprio in questi giorni è stato deciso di dare il suo nome alla Fed Cup, la Coppa Davis femminile: «La Billie Jean King Cup sarà costruita sui principi fondanti di uguaglianza, inclusione e libertà», dice. Nei tre incontri giocati tra una donna e un uomo – noti come la battaglia dei sessi – nel 1973 lei ha giocato contro un numero uno come Bobby Riggs. E ha vinto. «Tante impiegate dichiararono che il mio successo su Riggs le aveva incoraggiate a chiedere un aumento», racconta oggi. «Anche Obama mi ha confessato di aver visto quell’incontro e di averlo citato alle figlie. I soldi non sono una vergogna, né una debolezza, ma spesso un valore. Quindi sì, equal pay for equal work», dice la tennista, oggi 78enne.


L’eredità più importante

King ha cambiato le regole del gioco, e ha contribuito a farle. Lo racconta lei stessa parlando per esempio del momento più difficile della sua storia. «Quando nell’estate del ’78, ricattata dalla mia ex, ho dovuto ammettere pubblicamente che amavo le donne», racconta in un’intervista a Repubblica. «Persi subiti mezzo milione di dollari, gli sponsor mi lasciarono, anche quelli dell’abbigliamento sportivo, l’amministratore di un’azienda in una lettera mi chiamò puttana. È stata dura, ma la parte più difficile è stata fronteggiare la mia famiglia. Ce l’ho fatta con l’aiuto della mia psicanalista che mi ha fatto notare che dovevo smettere di far contenti gli altri», dice ancora. A 50 anni «cercavo ancora di non contrariare i miei genitori», racconta. «Desideravo essere la brava ragazza, ma quella cosa mi stava rendendo la vita insopportabile. A 51 ho dovuto fronteggiare l’idea che il mio problema di peso, viaggiavo sui cento chili, era dovuto a disturbi alimentari che mi portavo dietro da ragazza e quindi mi sono ricoverata in una clinica. Ai giovani dico: chiedete aiuto, parlate dei problemi, non vergognatevi. Giocherete meglio quando vi sarete liberati». Nell’intervista la leggenda del tennis racconta anche di seguire con interesse gli atleti italiani di oggi: «Guardate com’è in alto ora il tennis italiano, Fognini, Berrettini, Sinner. Avete una generazione piena di futuro».


In copertina EPA /NEIL HALL | Billie Jean King (C), ex tennista professionista numero 1 del mondo statunitense, arriva per la semifinale femminile tra l’australiana Ashleigh Barty e la tedesca Angelique Kerber al torneo di tennis Wimbledon, Gran Bretagna, 8 luglio 2021.

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