Il metaverso tra fantascienza e limiti tecnologici: la sfida a ostacoli di Mark Zuckerberg per il dopo Facebook

Zuck ha ribattezzato la sua creatura Meta e ora punta a creare un mondo digitale in cui sarà possibile immergersi senza passare da uno schermo

Facebook non si chiamerà più Facebook. O meglio. Resta come nome del social network ma non più come nome dall’azienda fondata da Mark Zuckerberg che nel corso negli ultimi anni ha acquisito anche Instagram e WhatsApp. In una conferenza stampa molto attesa Zuckerberg ha rivelato che da adesso la sua società si chiamerà Meta e si dedicherà alla costruzione del metaverso, una dimensione virtuale che dovrebbe cambiare il modo in cui ci muoviamo sul web. Certo, in molti hanno fatto notare che l’annuncio è arrivato in uno degli anni peggiori per la reputazione di Facebook, tra rivelazioni di ex manager e documenti privati pubblicati. Eppure il metaverso è uno di cui concetti legati al mondo della tecnologia destinato a tornare anche nei prossimi anni. Se non altro perché nelle scorse settimane Facebook, o meglio Meta, ha annunciato che nei prossimi cinque anni punta a creare 10 mila posti di lavoro su tutto il territorio europeo per dedicarsi a questo progetto.


L’origine è fantascientifica, il progetto è ambizioso. Sembra di essere tornati al 2002, l’anno in cui Elon Musk decise di aprire un’agenzia spaziale quando gli unici nomi che lavoravano in questo settore erano agenzie pubbliche che potevano contare su investimenti statali a fondo perduto. Il concetto di metaverso è stato introdotto per la prima volta in Snow Crash, romanzo di fantascienza scritto da Neal Stephenson nel 1992. Qui, in un mondo caotico dove il potere delle aziende ha superato quello degli Stati, gli abitanti del pianeta si muovono nel metaverso, una realtà parallela in cui si ha un avatar. Per chi non ha letto Snow Crash, gli esempi nella fantascienza non mancano: il mondo immaginato da Zuckerberg è lo stesso di Ready Player One, è l’ambiente in cui si gioca la maggior parte della storia di Assassin’s Creed e volendo allargare il campo è anche il mondo virtuale in cui vengono chiuse le persone che vivono in Matrix.


I modelli che già esistono, a partire da Second Life

YOUTUBE | Il concerto degli U2 su Second Life

Meta non è la prima azienda a sognare un mondo virtuale. Il caso più vicino è quello di Second Life, un videogioco lanciato nel 2003 che permette di entrare in un mondo virtuale in cui incontrare altri giocatori. Nel 2013 gli utenti regolari erano circa un milione. Con il tempo sono diminuiti ma la piattaforma è rimasta presidiata da un gruppo di fedelissimi. In tutti questi anni su Second Life si è sviluppata una società parallela con tanto di moneta virtuale, i Linden Dollar. Nel corso della sua storia il videogioco ha ospitato anche diverse ingerenze dal mondo reale: nel 2007 Irene Grandi ci ha girato il videoclip di Bruci la città, lo stesso anno Antonio Di Pietro ha organizzato un comizio, nel 2008 gli U2 ci hanno fatto un concerto. E non solo, una confraternità di Gesuiti ha provato ad aprire una chiesa dove diffondere il messaggio evangelico e l’Università di Harvard ha deciso di fondare una sede per sperimentare la didattica virtuale.

La tecnologia e i sensori necessari per il metaverso

FACEBOOK | Oculus Quest 2

Esattamente come Second Life, ci sono decine di titoli che nel corso degli anni hanno provato a creare open world virtuali più o meno riusciti. Quelli che stanno funzionando meglio sono l’eterno Minecraft, il cinese Roblox (ora ha 3 miliardi di utenti) e Fortnite (sempre legato alla modalità Battle Royale ma in espansione sul resto). Cosa avrebbe di diverso il metaverso del terzo uomo più ricco del mondo? Quello che Menlo Park vuole cambiare è il modo in cui si vive in questi mondi: non più attraverso uno schermo ma in un modo più immersivo che permette agli utenti di calarsi completamente verso queste nuove realtà fatte di pixel e codice.

Nel marzo del 2014, l’allora Facebook aveva acquistato per 2 miliardi di dollari (di cui 400 milioni in contanti) Oculus, una società specializzata in visori per la realtà virtuale. Nella nota pubblicata dopo l’acquisto era già chiara la direzione che avrebbe preso la compagnia: «Facebook punta ad ampliare gli attuali vantaggi di Oculus nei giochi a nuove aree, incluse la comunicazione, i media, l’intrattenimento. Il mobile è la piattaforma di oggi e ora ci stiamo anche preparando alle piattaforme di domani». Oculus è entrato così a far parte di Facebook Technologies, la branca di Meta che si occupa dello sviluppo hardware. Negli ultimi anni ha continuato a sfornare visori per la realtà virtuale ma nessuno di questi ha mai attratto il pubblico mainstream.

Il grande sogno di Zuckerberg al momento si blocca davanti a questa barriera tecnologica: non esiste ancora un modo efficace ed economico per vivere nella realtà virtuale. I videogiochi dedicati a questo tipo di ambiente non hanno mai sfondato e molti visori causano ancora sensazioni di nausea dopo una manciata di minuti di utilizzo. Guardando i dati, l’industria della realtà virtuale si espande ma non esplode: secondo una ricerca di Grand View Research al momento tutta la torta vale 15,81 miliardi di dollari e la previsione è quella di una crescita annuale del 18% fino al 2028. In tutto questo il 60% dell’industria è occupato dalla vendita dei device, il resto da tutti i software e i servizi collegati.

Gli Nft nel metaverso, ovvero come monetizzare il virtuale

CRYPTOKITTIES | Dragon, il gatto da due milioni di dollari

In un’intervista rilasciata a Alex Health di The Verge, Zuckerberg ha spiegato che gli Nft potrebbero entrare nel metaverso ma non ha specificato in che misura potrebbero esserne protagonisti: «Ora non ho niente da annunciare a riguardo. Penso che gli Nft avranno un ruolo piuttosto importante, sia nel mondo in cui ora li intendiamo che in altri». Gli Nft sembrano il prossimo campo di investimento (o speculazione) del mondo digitale: sono dei protocolli che servono a certificare l’unicità di un oggetto virtuale. Per capire come funzionano, qualche mese fa abbiamo venduto un nostro articolo.

Attualmente vengono usati per certificare opere d’arte digitali, immagini e video dell’Nba e si sono dimostrati ottimi anche per nei videogiochi. In CryptoKitties il gattino Dragon è attualmente in vendita per 600 Ethereum, circa 2.258.223 euro. Ma è nei prossimi mesi che arriveranno giochi sempre più legati a questa tecnologia: nel 2022 è in arrivo Big Time, un videogioco open world in cui i giocatori potranno trovare, e soprattutto acquistare, oggetti unici certificati da questa tecnologia. Se quindi gli Nft sono destinati a entrare nel metaverso non sarà difficile immaginare che saranno il punto di inizio per aprire a un mercato di compra-vendita di oggetti virtuali.

Foto di copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco

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