Eitan Biran, il nonno che lo rapì mesi fa: «Non lo rifarei. Ora ho paura di non poterlo più vedere»

Shmuel Peleg ha dovuto accettare l’ultima sentenza della Corte Suprema di Tel Aviv che ha stabilito il ritorno del nipote nella casa paterna della zia Aya Biran, residente a Pavia

Il nonno del piccolo Eitan ora si pente: col senno di poi quell’11 settembre non avrebbe scelto di portare via dall’Italia il nipote, rimasto orfano dei genitori nella tragedia del Mottarone dopo il crollo della funivia nel maggio scorso. Accusato di rapimento, Shmuel Peleg ha dovuto accettare l’ultima sentenza della Corte Suprema di Tel Aviv che ha stabilito il ritorno nella casa paterna della zia Aya Biran, residente a Pavia. «Quello che sapevo allora non è quello che so ora», dice il nonno a Repubblica, «solamente durante il processo in Israele è emerso il decreto che stabiliva l’espatrio solo se accompagnato da Aya». L’uomo, mesi fa, portò il bambino in Israele all’insaputa della zia, allora tutrice legale del piccolo. «In quel momento avevo davanti un bambino che volevo salvare perché non mi veniva data nessuna garanzia di collaborazione con noi sulle decisioni sul suo futuro», spiega Peleg, che ora ha paura di essere arrestato. «La cosa che più mi addolora è che non posso vedere Eitan», continua, commentando anche l’ultima decisione del tribunale per i minori di Milano di togliere la custodia del bambino alla zia Aya per affidarla a un professionista esterno ed estraneo a entrambe le famiglie d’origine.


«Questa decisione ci dà una prima speranza. Confido nel sistema giudiziario italiano che ora si occupi del suo bene». E ha aggiunto: «Coltivo dentro di me la speranza che possano considerarlo un caso umanitario, di un nonno che ama suo nipote. Spero mi verrà data la possibilità di vederlo». Shmuel Peleg non rifarebbe la stessa scelta di qualche mese fa ma non smentisce quanto già detto: «Quando Eitan crescerà dirà che l’ho salvato. Non sostengo che Aya gli facesse del male o che non se ne prendesse cura. Ma il fatto stesso che volesse limitare i contatti tra Eitan e noi o escluderci dalle scelte che lo riguardano, come ha fatto dall’inizio, non è nell’interesse di mio nipote. Eitan è un bambino israeliano, ebreo, qui ha le sue radici e una famiglia ramificata». La riconciliazione con i Biran per Shmuel Peleg sembra attualmente cosa difficile. «La speranza è che una parte terza, dopo che verrà stabilito dai tribunali italiani qual è l’interesse superiore del bambino, dovrà mediare e verificare come entrambe le famiglie possano stargli accanto».


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