Plusvalenze Inter: cosa c’è nell’indagine sui giocatori venduti tra 2017 e 2019 e cosa rischia la società

90 milioni di euro di ricavi dal calciomercato sotto la lente della procura di Milano. Cosa dice il Codice di Giustizia sportiva

L’inchiesta della procura di Milano sulle plusvalenze dell’Inter parte il 9 dicembre. Dopo l’indagine avviata sulla Juventus a Torino le Fiamme Gialle hanno trasmesso un’informativa segnalando possibili criticità nei bilanci per gli scambi di una decina di giocatori avvenuti durante le sessioni di calciomercato tra il 2017 e il 2019. Per questo ieri i pubblici ministeri Giovanna Cavallari e Giovanni Polizzi, titolari dell’indagine coordinata dall’aggiunto Maurizio Romanelli, hanno bussato alla porta dei nerazzurri. Per acquisire tutta la documentazione relativa alle plusvalenze delle due annate sotto la lente. E avere le carte sui 90 milioni di euro che hanno portato al bilancio di Marotta. Un’acquisizione di documenti e non una perquisizione, come hanno fatto notare i legali dell’Inter.


L’Inter tra 2017 e 2019

Ma cos’è successo nei due anni sotto la lente dei magistrati? Nel biennio 2017-2019, ricorda oggi il Corriere della Sera, la società si trovava in difficoltà nel rispettare le regole del fair play finanziario, necessario per l’iscrizione alle coppe. In quegli anni l’Inter ha ceduto il portiere Radu per 8 milioni (nel frattempo tornato alla base), Pinamonti per 19,5 e Vanheusden per 11,7. Tutti e tre al Genoa. E poi Bettella per 7 milioni, Carraro per 5 e Burgio per 1,5, finiti all’Atalanta. Poi ci sono Adorante, venduto per 4 milioni al Parma e oggi finito in serie C al Messina, Zappa per 3 al Pescara (oggi è al Cagliari) e Niccolò Zaniolo, che però è finito alla Roma nell’affare Nainggolan, ma anche lui con plusvalenza visto che è stato valutato 4,2 milioni mentre il suo valore a bilancio era di 2,6. Alcune cessioni avevano la cosiddetta clausola della recompra. Permettevano cioè di riacquistare dopo un certo periodo di tempo un giocatore venduto, di solito a una cifra prefissata. In questo modo, è il ragionamento dei magistrati, ne usciva una plusvalenza per uno: il bilancio veniva abbellito l’anno prima e peggiorato quello dopo. Mentre a chi acquistava succedeva il contrario. Secondo quanto si apprende, ieri sono state effettuate acquisizioni anche su dispositivi informatici, alla ricerca di mail e messaggi tra dirigenti, responsabili e dipendenti relativi alle cessioni e scambi di calciatori tra il 2017 e il 2019.


Cosa rischia l’Inter con l’inchiesta sulle plusvalenze

Le operazioni sulle plusvalenze erano già finite negli anni nel mirino della giustizia sportiva. Senza grandi ripercussioni per i club coinvolti. Le accuse di falso in bilancio nei confronti di Milan e Inter che risalgono al 2008 sono state archiviate. Nel 2018, nerazzurri e rossoneri sono finiti ancora sotto indagine insieme al Genoa. Anche qui senza risultati. Al Chievo, sempre nel 2018, vennero comminati 3 punti di penalizzazione in classifica dal Tribunale Figc per le operazioni incrociate con il Cesena. Perché erano affari necessari, secondo l’accusa, per far iscrivere i veronesi al campionato. Ma in quel caso c’erano prove schiaccianti. In teoria il Codice di Giustizia sportiva prevede per questo tipo di “reati” sanzioni che vanno dall’ammenda all’esclusione dal campionato. Ma soltanto nel caso che l’illecito sportivo sia stato compiuto con il fine di ottenere l’iscrizione a una competizione a cui la società non avrebbe dovuto essere ammessa. Tutto però ruota intorno ad un nodo cruciale. Ovvero il fatto che al momento non esistono strumenti oggettivi che permettano di dare il giusto prezzo ai giocatori. «Il presidente della Fifa parla di un algoritmo per le valutazioni? Se Infantino ritiene che ci sia una modalità oggettiva sulle plusvalenze le comunichi a noi», ha spiegato il presidente della Figc Gabriele Gravina.

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