Caos scuola, tutti i nodi da sciogliere a pochi giorni dal rientro. I presidi: «Di nuovo in balìa dell’improvvisazione»

I bambini e i ragazzi non vaccinati finiranno in dad oppure no? Dove sono gli hub per il tracciamento e qual è la rete di controlli prevista? Mentre il governo pensa ancora a come sostituire i docenti quarantenati, l’unica certezza (per ora) è quella di un rientro in presenza

Quattro giorni alla ripresa delle lezioni e i nodi del rientro a scuola sembrano ancora non essere venuti tutti al pettine. Quello che certamente si sa è che la situazione epidemiologica legata a Covid-19 non provocherà nessun rinvio di date: «Si torna in classe tra il 7 e il 10 gennaio», hanno confermato poche ore fa alcune fonti di governo. La decisione presa fa eco a quanto da giorni lo stesso ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha continuato a ribadire: «Abbiamo assunto la responsabilità di tornare in presenza, questa è la chiave di volta di questo governo». Ma i timori di famiglie e operatori scolastici rimangono. «Le curve si confermano in netta crescita sia negli under 12 sia negli under 20», ha fatto sapere il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro in uno degli ultimi monitoraggi settimanali sui dati Covid in Italia. Con un record di casi oltre quota 144 mila raggiunto pochi giorni fa, le prossime settimane non saranno tanto facili anche e soprattutto in termini di focolai e diffusione del virus. In uno scenario simile la scuola non può che ancora una volta preoccupare, soprattutto per quelle garanzie di sicurezza che appaiono ancora irrisolte.


Dove sono gli hub per il tracciamento scolastico?

Poco più di una settimana fa si annunciava il grande piano del generale Figliuolo per salvare il rientro a scuola di bambini e ragazzi. «Punteremo prima di tutto su un’azione di screening a tappeto», spiegava il commissario. «Ogni Regione metterà a punto un dispositivo e grazie alla grande disponibilità del ministro alla Difesa Guerini avremo il supporto dei team e dei laboratori militari». Prima della pausa natalizia il governo ha dato conto di circa 470 istituti scolastici “tamponati”. Ma i presidi tornano a denunciare una strategia più basata «sugli annunci che sull’effettiva realizzazione». Mario Rusconi, presidente dell’associazione presidi di Roma, raggiunto al telefono da Open conferma in parte le parole di Bianchi sulla sicurezza: «Da mesi e mesi sono presenti tutte le condizioni di sicurezza igienica, di profilassi, di distanziamento, mascherine e lavaggio delle mani. Il problema è come al solito all’esterno», spiega. I conflitti con il ministero riguardano altro: «Ci è stato promesso un tracciamento a tappeto dal ministero della Salute, dalle Asl, persino dall’esercito, ma ad oggi, a qualche ora dall’apertura dalle scuole non abbiamo visto nulla». Una realtà sottolineata anche dalle proposte di alcuni presidenti di Regione: vogliono la didattica a distanza al fine di consentire uno screening post natalizio, «e un po’ di respiro», come chiede Vincenzo De Luca in Campania, «per almeno 20 o 30 giorni».


Il rappresentante dei presidi parla di delusione professionale «soprattutto quando la soluzione più facile a cui ricorrere è la didattica a distanza o perfino alla chiusura». E aggiunge: «Era stato detto che l’esercito sarebbe intervenuto. A Roma, per una città dalle dimensioni imponenti, si vocifera di 19 hub. Ma per quando? Mezz’ora prima del suono della campanella?». La richiesta degli operatori scolastici prima del rientro in classe e alla luce dei dati delle ultime settimane era stata quella di garantire centri vaccinali dedicati in cui i genitori avrebbero potuto portare bambini e i ragazzi, «evitando quelle file defaticanti in farmacia che stiamo vedendo tuttora e per di più a pagamento». Anche sui numeri rendicontati dal governo una settimana fa sembra ci sia ancora molto da fare. «Lo screening a tappeto è stato fatte in 470 scuole. Stiamo parlando di un numero irrisori rispetto alle 8 mila scuole e ai 42 mila. Una goccia nel mare».

La data di inizio

Le fonti del governo parlano di una data di rientro «tra il 7 e il 10 di gennaio» ma, come spesso accade, sono le singole regioni a decidere il giorno esatto in cui riaprire gli edifici scolastici. Eppure nelle ultime ore il governo ha fatto sapere di essere orientato a una direttiva nazionale che decida il rientro per tutti nella data del 10 gennaio. «Ancora non si è nemmeno capito quando riaprire», conferma Rusconi. «Ancora una volta – tuona – siamo in balìa dell’improvvisazione su temi fondamentali». L’indecisione sul dato più elementare del rientro sarebbe perfino innocua se solo non ci fossero milioni di bambini e ragazzi da sottoporre a un attività di testing. Attività in cui il tempo, come abbiam ormai imparato, appare fondamentale al fine di una verifica davvero attendibile sulla presenza del virus. Fare un tampone 48 ore prima o 48 ore dopo continua purtroppo a fare la differenza.

I non vaccinati rimangono a casa?

Uno dei principali nodi ancora irrisolti è quello delle regole da adottare nei confronti dei bambini e ragazzi non immunizzati contro il virus. Dal 7 o dal 10 cosa faranno se almeno due compagni di classe risulteranno positivi a Covid-19? Dovranno rimanere a casa a e in quarantena per 10 giorni a differenza dei loro amici vaccinati a cui è imposta solo l’auto sorveglianza di 5 giorni? O potranno seguire le lezioni in presenza come tutti gli altri? Al momento una risposta non c’è. Il governo continua a discutere con i governatori di Regione, promotori in prima linea di una Dad obbligatoria per gli studenti non immunizzati. Ma i presidi, quelli che poi saranno chiamati sul campo a gestire norme e dinamiche, si dimostrano quanto mai divisi.

Se da un lato il presidente dell’associazione nazionale presidi  Antonello Giannelli si dice favorevole alla soluzione, «perché quello che appare davvero inopportuno sarebbe differenziare tra vaccinati e non sulla frequenza», dall’altro Rusconi del Lazio si dichiara del tutto contrario. «La Dad per chi è in quarantena è già prevista, delle volte anche ad intere classi: ma fare una distinzione tra vaccinato e non vaccinato diventa estremamente complicato. Anche perché non si considerano tutta una serie di implicazione normative: ci è proibito dal Garante chiedere dati simili relativi alla salute. Qual è la base normativa di una misura del genere?».

E aggiunge: «Dire che tutti devono essere vaccinati altrimenti non metteranno piede a scuola ci sembra un eccesso di intervento soprattutto alla luce dell’inadempienza riguardo ad altri interventi ben più risolutivi che dovevano essere presi in precedenza e su cui tuttora non si mette mano. Per le scuole elementari e prime medie abbiamo si e no un 30% di ragazzi vaccinati. Questo vuol dire che presto tutte le classi si ritroveranno in Dad?». Rusconi ribadisce poi quanto ricorrere alla didattica a distanza, «dopo quasi due anni di emergenza», non può definirsi più salvagente credibile. «Tutti quei bambini non vaccinati perché i genitori non sono convinti cosa fanno? Stanno a casa lontano dalla vita scolastica e dai loro compagni? E poi chi è che rimane con loro a sorvegliarli per tutto questo tempo?».

I controlli

Il nuovo decreto Covid del governo Draghi impone l’utilizzo del Green pass rafforzato anche per i mezzi del trasporto pubblico. Una soluzione che mirerebbe a garantire una maggiore sicurezza durante i viaggi quotidiani per andare a lavoro o a scuola. Il timore però è su una rete di controlli ancora troppo blanda. «Anche prima che venisse imposto il Super Green pass sui trasporti locali, avevamo chiesto che ci fosse un controllo all’interno delle fermate delle principali città, dei grandi punti di traffico», spiegano i presidi. «Siamo stati presto smentiti dalla realtà: gli studenti che prendevano autobus, metro e treni ci mandavano foto raccapriccianti con congestione di decine di persone. Come si è pensato di risolvere allora? Ancora una vola addebitando alla scuola un orario differenziato. Ora è stato ammesso il Green pass rafforzato. Ma la domanda è la stessa: ci saranno i controlli? La delusione di fronte a misure organizzative annunciate e non realizzate ora è davvero forte».

Chi sostituisce i docenti No Green pass e i quarantenati?

Il rientro a scuola di gennaio 2022 sarà chiarificatore anche per la situazione di molti docenti non ancora vaccinati. Dal 15 dicembre per loro è arrivato l’obbligo vaccinale. Da quel momento la direttiva obbligatoria per una categoria così esposta a contatti e contagi è stata una delle armi su cui il governo ha puntato di più. Prima delle feste i docenti che, nonostante l’obbligo, si erano guardati bene dal prenotare la prima dose di vaccino erano stati all’incirca 40 mila. Per chi continuerà a rimanere della stessa idea, a gennaio dovrà fare i conti con la sospensioni definitiva dal posto di lavoro. A quel punto la necessità, se non l’urgenza, sarà quella di trovare dei sostituti.

L’idea finora trapelata di chiamare in cattedra i giovani studenti ancora non laureati rimane un’ipotesi per scuole elementari, medie e superiori. Per le materne il problema è già in stadio avanzato. A Milano l’aumento delle quarantene e le sospensioni degli educatori No Green pass nei servizi post scuola degli asili nidi e delle scuole dell’infanzia stanno provocando un’impennata di assenze nel personale, rendendo impossibile al Comune di garantire il servizio con regolarità. L’ultimo concorso fatto per coprire i posti vacanti sembra non aver dato gli esiti sperati. Da qui la proposta anche sui tavoli di lavoro di Ministero, Ufficio Scolastico Regionale e Università è stata quella di poter utilizzare i tirocinanti laureandi oppure di ottenere una deroga per poter chiamare personale iscritto alle graduatorie statali, dato che quelle comunali sono esaurite. Una situazione con cui a breve dovrà fare i conti gran parte del territorio nazionale. Ma anche su questo fronte risposte preventive sembrano mancare.

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