Chi va in smart working nel pubblico e nel privato? Il governo pensa a una norma nel prossimo decreto

Dadone contro il collega Brunetta: «Serve una circolare, non si può più aspettare». Intanto l’esecutivo si muove

«In Italia siamo stati i capofila del ricorso al lavoro agile per i lavoratori, sia pubblici che privati, e ora diciamo no proprio mentre in tutta Europa vi fanno ricorso?». È la ministra Fabiana Dadone in un’intervista al Fatto Quotidiano oggi ad aprire le danze sullo smart working nella pubblica amministrazione che sta coinvolgendo il MoVimento 5 Stelle e il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta. L’appello dei sindacati per il lavoro agile ha trovato una risposta secca in un tweet del Dipartimento, il quale ha ricordato che nella Pubblica Amministrazione è già prevista la rotazione del personale. Una spiegazione che non basta a Dadone: «Teoricamente – osserva la ministra – la flessibilità è possibile, è vero, ma deve arrivare un input dal ministro per farla ripartire. In pratica serve una circolare, e non si può più aspettare: bisogna decongestionare il flusso delle persone in movimento. Si pensi ai mezzi pubblici in una città come Roma».


Il lavoro agile che non c’è

Ma intanto il governo pensa davvero a un ritorno a un provvedimento che incoraggi il ritorno del lavoro agile. Repubblica spiega oggi che nel consiglio dei ministri che domani dovrebbe varare il Super Green pass obbligatorio sul lavoro ci saranno indicazioni sullo smart working. Ma, anticipa il quotidiano, riguarderanno soprattutto il settore privato. E questo anche se molte aziende stanno già chiedendo ai dipendenti di non tornare in ufficio dopo le vacanze di Natale. «Io l’ho comunicato prima di Natale – fa sapere Federico Capeci, amministratore delegato della sede italiana di Kantar, multinazionale della consulenza – perché così, se qualcuno fosse tornato dai genitori o si fosse trasferito nella seconda casa avrebbe avuto tutto tempo di organizzarsi. L’ufficio rimane aperto: meglio un ambiente sanificato che lavorare in un bar o in un posto qualsiasi, ma la forte raccomandazione è lavorare da casa».


Ma il punto è la PA. Da prima di Natale i sindacati chiedono di lavorare da remoto fino alla fine dello stato d’emergenza, fissata per il 31 marzo. Ma sul punto per ora il ministro non sembra essere d’accordo: «La linea fin qui seguita dal governo, grazie alle vaccinazioni, al Green Pass e al Super Green Pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria», scrive nella sua nota la Funzione Pubblica. I sindacati invece ritengono che di fronte dell’impennata dei contagi sarebbe «opportuno che le Amministrazioni dello Stato organizzino il lavoro in modo da ridurre al minimo indispensabile la presenza fisica del personale nelle strutture», dice Sandro Colombi, segretario generale UilPa. Un braccio di ferro che finirà soltanto domani. E lì sapremo chi avrà vinto.

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