Liliana Resinovich morta per «scompenso cardiaco», l’autopsia non risolve il giallo di Trieste

Il reato ipotizzato resta sequestro di persona a carico di ignoti ma gli investigatori non hanno motivo di pensare che il decesso sia avvenuto «a causa di condotte altrui»

Liliana Resinovich è morta per «scompenso cardiaco acuto»: è questa la prima informazione emersa dall’autopsia eseguita oggi, 11 gennaio. Su di lei non sono stati rilevati «traumi da mano altrui atti a giustificare il decesso». Il corpo di Liliana, pensionata di 63 anni, è stato ritrovato lo scorso 5 gennaio a Trieste. Era scomparsa lo scorso 14 dicembre. Il cadavere è stato rinvenuto in un boschetto vicino all’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Oggi, il riconoscimento effettuato dal fratello, Sergio. Il procuratore ha però precisato che per conoscere con attendibilità l’effettiva causa del decesso, è necessario attendere gli esiti degli esami tossicologici, che non saranno disponibili prima di trenta giorni. L’indagine della procura di Trieste resta aperta a carico di ignoti per sequestro di persona e omicidio, per quanto non sia del tutto esclusa la pista del suicidio.


Le parole del marito

«Non era possibile vedere» il corpo di Liliana «perché stavano facendo l’autopsia. Ho visto delle foto fatte con la stampante»; «non ho visto traumi». A parlare con i giornalisti è Sebastiano Visintin, marito di Liliana. «È un momento troppo forte – ha aggiunto – l’ho trovata senza espressione. Sono rimasto alla Polizia a parlare con loro, mi hanno chiesto che farmaci usava. Ma non ne prendeva, solo io per il cuore. Poi siamo venuti qui a casa con le chiavi per vedere se» quelle trovate «erano le chiavi di Lilly, poi siamo andati via. Ero in giro oggi pomeriggio, sono andato a Barcola, in giro con la macchina», ribadendo come il momento sia difficile. Visintin ha spiegato che «bisognerà capire cosa è successo. Non ho nessuna idea, solo la certezza che lei non c’è più».


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