Come sarà la fine della pandemia? Perché potremmo non accorgercene: lo studio americano

I due scienziati che hanno analizzato l’andamento della passate pandemie escludono che ci possa essere un momento preciso in cui quella del Coronavirus potrà dirsi conclusa, così come si è potuto fare quando è cominciata

Secondo uno studio condotto da due ricercatori statunitensi, David Robertson della Princeton University e Peter Doshi dell’Università del Maryland, l’uscita dalla pandemia di Coronavirus sarà un processo che «avverrà gradualmente e in modo non uniforme». Dunque la tanto sperata immunità di gregge non ci sarà. Il report è stato pubblicato sul British Medical Journal, e la tesi è stata raggiunta dopo aver analizzato quanto accaduto nel 1918 con l’influenza spagnola, nel 1957 con l’asiatica e nel 1968 con l’influenza di Hong Kong. Un confronto, che ha proiettato i due analisti proprio su cosa sarà quando le ondate dei contagi saranno un ricordo. «La fine della pandemia – hanno precisato gli studiosi – è più una questione di esperienza vissuta, quindi è più un fenomeno sociologico che biologico». Nello specifico, quelle come quella in atto, cioè le pandemie virali respiratorie, «semplicemente non finiscono in un modo tale da essere visualizzate su un pannello. Lungi dall’essere una fine drammatica, le pandemie svaniscono gradualmente mentre la società si adatta a convivere con il nuovo agente patogeno e la vita sociale torna alla normalità». I due ricercatori hanno voluto sottolineare come la pandemia sarà finita «quando spegneremo i nostri schermi e decideremo che altre questioni meritano ancora una volta la nostra attenzione. A differenza del suo inizio, la fine della pandemia non sarà trasmessa». Rispetto alle pandemie precedenti, sottolineano Robertson e Doshi, Covid-19 ha prodotto «un’interruzione senza precedenti della vita sociale» ed è «unica».


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