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Verso la quarta dose per tutti? L’ipotesi di Speranza: «Possibile dopo l’estate»

20 Febbraio 2022 - 11:43 Redazione
roberto speranza qatargate
roberto speranza qatargate
Il 2022, per il ministro, cauto sul green pass, è l'anno cruciale nella lotta alla pandemia: «Il virus non prende l'aereo e va via sparendo per sempre. Mollare io? Non ci ho mai pensato»

Lo stato d’emergenza per la pandemia di Coronavirus scade il 31 marzo. E oggi, parlando con Repubblica, il ministro della Salute Roberto Speranza fa capire che potrà essere superato. Ma conservando alcune “difese” che abbiamo imparato a conoscere in questi due terribili anni di emergenza sanitaria: Green Pass e mascherine al chiuso. «Il mio è un messaggio di fiducia: se la tendenza di riduzione della curva continua, lavoreremo nelle prossime settimane per superare lo stato d’emergenza. Ma il Covid non prende l’aereo e va via il 31 marzo. Possiamo decidere formalmente di superare l’emergenza, penso che ci possano essere le condizioni per farlo, ma alcune cose dovremo conservarle. Il Green pass è stato ed è un pezzo fondamentale della nostra strategia. Le mascherine al chiuso sono ancora importanti: non riesco a vedere un momento X in cui il virus non esiste più e cancelliamo insieme tutti gli strumenti», dice il ministro.

Il green pass e la quarta dose

Per Speranza il 2022 «è l’anno cruciale per capire se torneremo a un vita pienamente normale. Sono ottimista, ma la partita non è chiusa. Tra pochi mesi, un pezzo di mondo entrerà nell’autunno: osservandoli, capiremo cosa ci aspetta. A marzo parte la quarta dose per gli immunocompromessi, ma dovremo valutare il richiamo per tutti dopo l’estate. È da considerare probabile, perché il virus non stringe la mano e se ne va per sempre. Purtroppo». E il Green pass, a oggi, ha consentito all’Italia di raggiungere percentuali di popolazione vaccinata tra le più alte al mondo. C’è un’alternativa? «Non ho una risposta, per questo sono prudente sul Green Pass. È ovvio che misure del genere devono avere una temporaneità, ma dire ora – con 60 mila casi al giorno – che l’impalcatura va smantellata, beh, penso sia un errore». Speranza ripete che «tutte le attività resteranno aperte. Nell’inverno 2021 l’Austria faceva il lockdown: l’Austria, che quasi riusciamo a vederla se ci affacciamo da qui. Lo stesso in diversi Lander della Germania. Noi abbiamo lasciato aperta la scuola e quasi tutto il resto. Con un Green Pass solido abbiamo piegato l’ondata senza chiusure generalizzate. Adesso sento dire: riaprite! Domando: ma cosa, se è già praticamente tutto aperto? Non è un caso se l’economia dell’Italia sia cresciuta del 6,5%, più della media Ue», dice il ministro.

Il lockdown

La pandemia, a oggi, scrive ancora Repubblica, è costata all’Italia 24 miliardi di euro di spesa sanitaria per farmaci, vaccini e personale. Speranza ripercorre questi ultimi due anni. «Il lockdown fu una scelta inevitabile». Guardava una partita alla tv, racconta, in quel terribile 20 febbraio 2020. «Squilla il telefono, è l’assessore alla sanità della Lombardia. Mi dice: c’è un primo caso a Codogno. Nella mia vita esiste un prima e un dopo quella telefonata. In quel preciso momento finisce la speranza coltivata dall’Occidente: il Covid non è come la Sars, non riusciremo a impedirne l’arrivo, è già tra noi. Decido subito di partire. Firmo le prime ordinanze. Poco dopo arriva l’altra notizia: il primo morto a Vo’ Euganeo». La prima vittima, di una conta terribile che arriva oggi a quasi 153mila vite perdute.

Ora il paese ha voglia di normalità. «Siamo dentro un percorso e dobbiamo continuarlo, ma tenendo i piedi per terra. Sappiamo che con il 91% di over 12 vaccinati e la variante Omicron c’è un contesto diverso. Ma serve gradualità», dice Speranza. Il lockdown allora era «inevitabile». «Molti hanno cambiato linea dieci volte: apriamo, chiudiamo, vacciniamo, anzi no. Io ne ho sempre avuto una sola: l’evidenza scientifica. La storia ci ha detto che non c’era alternativa al lockdown». Alle critiche sulla gestione dei primi focolai nel bergamasco Speranza risponde: «Nessuno conosceva il virus. C’erano solo parziali informazioni dalla Cina. Non mandammo subito le camionette a chiudere tutto il Paese, provammo a circoscrivere l’area, ma ci rendemmo conto che il virus era già altrove, nelle province di Piacenza, Bergamo, Brescia. La scelta del lockdown nazionale ha evitato che la prima ondata arrivasse al Sud, salvando molte vite: questa è la verità».

Il paese era preparato? Spesso si ricorda che l’Italia non aveva aggiornato il piano pandemico. «Ma chi lo era nel mondo? Nessuno – neanche noi – aveva un manuale d’istruzione. Per l’Italia penso che il punto sia stato uno: affrontiamo da sempre grandi calamità naturali come terremoti e alluvioni, ma non avevamo tradizione per gestione di un’emergenza sanitaria di lunga durata come questa», dice il ministro. E lo stato della Sanità non ha aiutato. «È quello che ho fatto, in questi due anni: 20 miliardi del Pnrr sulla sanità, il Fondo sanitario nazionale aumentato di 10 miliardi in 24 mesi, per la prima volte un Programma operativo nazionale per la salute». Resta il vaccino come spartiacque. «Negli ultimi due mesi abbiamo avuto più positivi del resto della pandemia, eppure le terapie intensive si sono fermate a 1.700 pazienti», ragiona Speranza, oggi tra i volti politici più noti. Tanti suoi omologhi, in altri paesi, hanno lasciato. «A volte è stata durissima, soprattutto marzo del 2020. Ma in nessun passaggio mi sono sentito solo: avevo al mio fianco la comunità scientifica italiana, il governo e il sorriso dei miei figli. Devo essere onesto, non ho mai pensato di mollare. Neanche per un istante».

In copertina ANSA/MOURAD BALTI TOUATI | Il Ministro della Salute Roberto Speranza all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Vita e Salute San Raffaele in via Olgettina a Milano, 14 febbraio 2022.

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