Remuzzi: «La comunità scientifica ha responsabilità enormi nel disastro del Coronavirus»

«Non ci abbiamo creduto, nel giro di 72 ore avremmo dovuto dare vita a una mobilitazione»

«È un rimorso che mi porterò dentro per sempre. La comunità scientifica, della quale faccio parte, ha una enorme responsabilità nel disastro di questi due anni». Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera parla dei due anni di pandemia e della reazione allo studio pubblicato il 24 gennaio di due anni fa su Lancet in cui si annunciava cosa sarebbe accaduto. «Non ci abbiamo creduto – sottolinea Remuzzi – nel giro al massimo di 72 ore avremmo dovuto dare vita a una mobilitazione, avvertire le autorità, far sentire la nostra voce, parlare con i singoli ricercatori. Invece, abbiamo perso tempo, abbiamo perso almeno quelle 4 settimane che poi furono fatali alla mia Bergamo». Remuzzi non nega di aver avuto paura «a un certo punto, dissi a uno dei miei più cari amici: qui moriamo tutti», racconta e non nega nemmeno di aver assistito alla partita Atalanta-Valencia disputata a San Siro il 19 febbraio che fece diffondere il contagio: «Non andavo allo stadio da 20 anni – ricorda – racconto questa vicenda per dire come nonostante le conoscenze tecniche che stavamo immagazzinando, eravamo ben lontani da una corretta percezione della realtà. Dopo, è facile per tutti fare i professori. Ma quella sottovalutazione generale rimane l’errore più grande». Remuzzi, infine, descrive il giorno della vaccinazione come il migliore: «La data precisa è il 27 dicembre 2020 – ricorda – il direttore dell’azienda sanitaria di Bergamo mi chiese di fare il vaccino per primo. Provai una sensazione di grande privilegio, della quale quasi mi vergognavo».


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