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Chi specula sulla benzina? Dalle accise al trasporto, i nodi di una «stranezza» italiana

15 Marzo 2022 - 18:10 Antonio Di Noto
I prezzi sono rimasti alti nonostante il calo del petrolio. Perché? Ne parliamo con il presidente dell'Unione Energie per la Mobilità (UNEM) Claudio Spinaci e il docente di Tecnologia ed Economia delle Fonti Energetiche all'Università di Trieste Paolo Bogoni

Continuano a volare i prezzi della benzina. Le ultime rilevazioni di Quotidiano Energia indicano che in modalità self la verde ha raggiunto una media di 2,219 euro al litro mentre il diesel di 2,225. Continuano quindi i rincari, che hanno fatto segnare rispettivamente un +13% e un +21% rispetto ai prezzi già alti della scorsa settimana. Gli aumenti del prezzo dei carburanti riflettono solo parzialmente quelli del petrolio che, dopo aver toccato i 128 dollari al barile l’8 marzo, è tornato a scendere fluttuando intorno a 98 dollari al barile oggi, circa il 29% in meno. Questa discrepanza ha destato curiosità tra i più attenti, che non si spiegano perché il prezzo dei carburanti sia aumentato così tanto, di pari passo con quello del petrolio, salvo poi mantenersi su livelli alti quando il greggio è tornato a scendere. In relazione a questo fenomeno, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha parlato di una «colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini», facendo notare come questi aumenti siano ingiustificati. E mentre Milano Finanza denuncia «lo strano caso della benzina più cara del mondo», oggi a Cingolani ha fatto eco il Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, che ha imputato i rincari del grano a speculazioni. Come Open aveva già spiegato, i prezzi dei cereali sono strettamente legati a quelli degli idrocarburi. Ma si può davvero parlare di speculazioni? Dove potrebbero annidarsi? Per capirlo bisogna innanzitutto capire com’è composto il prezzo dei carburanti.

Netto, accisa, e Iva

L’importo pagato al distributore di benzina può essere diviso in tre componenti: netto, accisa, e IVA. L’importo dell’accisa è indipendente dal prezzo della materia prima e costituisce una tassa che raccoglie molti piccoli sovrapprezzi che nei decenni si sono sommati tra loro quando lo Stato ha avuto bisogno di finanziare interventi rapidamente. Spesso si sente dire che in Italia si pagano ancora accise introdotte decenni fa, come ad esempio quelle per il finanziamento per la guerra in Etiopia negli anni Trenta o per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980. Effettivamente, nell’importo finale della tassa gli aumenti di questi ed altri interventi continuano a figurare. Va però notato che dal 1995 l’accisa sui carburanti è unica, ed è stata slegata dagli scopi originari, diventando di fatto una tassa che lo Stato può impiegare per gli usi più vari. Alle accise si aggiungono l’IVA, che costituisce il 22% del prezzo finale, e il prezzo netto, ovvero il prezzo industriale ripulito delle imposte. L’IVA e l’accisa sono dunque i due elementi su cui il governo potrebbe agire per calmierare i rincari, anche alla luce del fatto che l’aumento del prezzo dei carburanti ha fatto aumentare considerevolmente l’introito dell’IVA.

La composizione del netto

In questa composizione, è evidente che la porzione di prezzo direttamente influenzata dagli andamenti del petrolio è il netto. Nello specifico, al suo interno trovano spazio i costi legati all’estrazione del greggio, la sua raffinazione, e il trasporto e la distribuzione del carburante finito. Il greggio, costituisce circa il 42-53%, ai prezzi attuali, del costo netto, ovvero il 20-25% del prezzo finale di benzina e diesel. Di conseguenza, una diminuzione del prezzo del petrolio del 29%, si traduce in una diminuzione di quello del prodotto finito di solo il 6%. La distribuzione, invece, incide per circa l’8-9% del prezzo finale, che è quanto necessario a mantenere in attivo questo business, ha precisato il presidente dell’Unione Energie per la Mobilità (UNEM) Claudio Spinaci a Open. Rimane quindi un’ampia percentuale del prezzo che dipende da raffinazione e trasporto: è qui che si potrebbero nascondere le speculazioni menzionate dal ministro Cingolani.

Raffinazione e trasporto sono dove si potrebbero nascondere le speculazioni

Paolo Bogoni, professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti Energetiche all’Università di Trieste conferma a Open che effettivamente «c’è qualcosa che non quadra perché c’è un aumento che va al di là della prassi, e qualcuno probabilmente ci sta guadagnando». Da dove arriva il rialzo? Probabilmente da raffinazione e trasporto. Al momento, continua Bogoni, «ci sono circa venti centesimi in più [sul prezzo al litro] di quelli che i dati suggeriscono». Il professore non si spinge a confermare i sospetti di speculazione, ma non la esclude, anche perché, puntualizza, «è un fenomeno tipico dei tempi di guerra». Secondo Bogoni, gli aumenti potrebbero essere dovuti ai rincari dell’energia che si ripercuotono su raffinazione e trasporto: le compagnie petrolifere – racconta – tendono a tutelarsi quando il greggio sale, facendo aumentare immediatamente i prezzi dei carburanti, che poi non ribassano subito quando il petrolio torna a scendere.

La debolezza dell’euro

Ma l’aumento del prezzo della benzina riguarda solo l’Italia? No, se consideriamo che anche in Germania e Francia oggi i prezzi della benzina si aggirano rispettivamente intorno ai 2,16 e 2,09 euro al litro. Una settimana fa (ultimi dati disponibili), nei Paesi Bassi un litro di benzina costava 2,078 euro – quindi più che in Italia, dove il 7 marzo si sono toccati i 1,924 euro. Poca differenza anche per Grecia e Finlandia, dove lo stesso giorno un litro di verde veniva rispettivamente 1,919 e 2,033 euro. Ad accumunare questi paesi c’è il valore delle accise: l’Italia è il secondo paese europeo per l’incidenza della tassa sul prezzo della benzina (73 cent/litro), dietro solo ai Paesi Bassi (79 cent/litro) e seguita da Finlandia (70 cent/litro), Grecia (70 cent/litro), Francia (68 cent/litro) e Germania (65 cent/litro).

Nel contesto europeo i prezzi alti si devono anche all’attuale debolezza dell’euro. «Quello raggiunto l’8 marzo non è il picco massimo del prezzo del greggio, che infatti aveva già raggiunto i 140 dollari al barile nel 2008», commenta Spinaci. Quello che è cambiato è il rapporto tra le due valute, se nel 2008 un euro valeva anche 1,5 dollari americani, a oggi il cambio si ferma a 1,1. Spinaci sottolinea che questi rincari sono temporanei, e con la diminuzione del prezzo del petrolio, non tarderanno a calare a anche quelli dei carburanti.

Il decreto del governo: 15 centesimi in meno

La procura di Roma ha comunque aperto un’indagine sulle presunte speculazioni, e il Ministro Cingolani verrà sentito come persona informata sui fatti. Nel frattempo, il governo sta lavorando a un decreto che dovrebbe tagliare di 15 centesimi al litro il prezzo dei carburanti, utilizzando l’extra gettito dell’IVA per ridurre l’accisa e dare un po’ di respiro ad automobilisti, industriali e autotrasportatori.

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