Il filo putiniano Petrocelli non molla: «Non mi dimetto, rappresento la Costituzione e il volere degli italiani»

A poche ore dalla riunione della Giunta che deciderà sulla sua estromissione dal ruolo di presidente della Commissione Esteri del Senato, l’ormai ex pentastellato ribadisce le sue posizioni

«Non mi dimetto perché sento di rappresentare la Costituzione». Così Vito Petrocelli comunica attraverso l’agenzia Agi la sua intenzione di non lasciare la carica di presidente della Commissione Esteri del Senato. Espulso dal M5s e aspramente criticato per le sue posizioni contro le sanzioni contro Mosca e l’invio di armi all’Ucraina, Petrocelli non demorde e a poche ore dalla riunione della Giunta per il regolamento che deciderà sulla sua estromissione, ribadisce le sue posizioni. La valutazione della Giunta avviene in seguito alla richiesta ufficiale dei senatori di maggioranza di destituire il presidente di Commissione dal suo incarico. Ma lui commenta: «La rimozione forzata dalla mia carica sarebbe un segnale tremendo per la democrazia parlamentare di questo Paese. Sento di rappresentare la volontà degli italiani che non hanno più partiti che la rappresentino in Parlamento». L’accusa che nelle scorse settimane Petrocelli ha rivolto all’esecutivo è quello di essere «un governo interventista» e di non ascoltare le reali posizioni degli italiani. Parla di «sondaggi inequivocabili», che dimostrano «come la stragrande maggioranza degli italiani non voglia l’invio delle armi all’Ucraina né considerare la Russia un nemico». 


«Il mio tweet? Una provocazione con un fondo di verità»

Alle 16 di oggi, 3 maggio, la Giunta esprimerà il verdetto definitivo sulla carica del presidente della Commissione Esteri del Sentato. «Onorerò fino all’ultimo giorno gli impegni per la pace e il dialogo internazionale», ha aggiunto lui poche ore fa ribadendo le sue intenzioni di tenersi stretta la poltrona, «ho preso un impegno con gli elettori nel 2018. Da presidente della Commissione affari esteri del Senato farò di tutto perché il governo venga a riferire in Parlamento su quali armi sta inviando in Ucraina e su che tipo di impegno militare ha già intrapreso il nostro Paese». Una delle ultime provocazioni che è costata a Petrocelli l’espulsione dal Movimento, caldeggiata in primis dal leader Giuseppe Conte, è stata la celebrazione del 25 aprile. «Buona festa della LiberaZione», ha scritto sui social, con il chiaro riferimento alla Z maiuscola ormai simbolo dell’invasione della Russia in Ucraina. Ancora prima il presidente della Commissione Esteri si era si era rifiutato di partecipare alla seduta congiunta di Camera e Senato per ascoltare l’intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky


Con Agi Petrocelli torna sulla questione del post del 25 aprile e spiega: «Ho profondo rispetto del 25 aprile, una data che ha segnato tutta la mia esperienza politica fin da giovane. Vederla trasformata in una operazione di marketing bellico con bandiere Nato e slogan dei neo-nazisti ucraini rappresenta una vergogna incancellabile per chi lo ha permesso». E ha aggiunto: «Io continuerò a festeggiare il 25 aprile come il giorno della liberazione dal nazi-fascismo, non come il suo sdoganamento. Chi lo sta permettendo tutti i giorni in Italia e nel resto dell’Europa sta producendo effetti devastanti che peseranno per molti anni a venire. Il mio tweet era una provocazione e serviva a sollevare la questione con forza».

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