Scuola, lo scontro tra alunni e prof su come vestirsi in classe: «Canottiera e pantaloncini? Fa caldo»

Il coordinatore della Rete nazionale degli studenti Tommaso Biancuzzi: «Non servono regolamenti, a nessuno verrebbe mai in mente di andare a scuola in costume e e infradito, basta affidarsi al buon senso»

Con l’estate che si avvicina, la morsa del caldo sempre più stringente e la mascherina obbligatoria, gli studenti e le studentesse delle scuole italiane, alle prese con gli ultimi preparativi per le interrogazioni e verifiche prima delle vacanze o dell’esame di maturità, devono fare attenzione anche al guardaroba. E devono rispettare, in linea di massima, norme di decoro, che però non trovano chiaro spazio nei documenti ministeriali, ma fanno capolino solo in alcune circolari interne ai singoli istituti che, nella maggior parte dei casi, sono sprovvisti di condizionatori e ventilatori. Insomma, la scelta se indossare canotte, pantaloncini, abiti smanicati sta agli studenti e alle studentesse, così come è discrezionale, per i docenti, reputare più o meno adeguato l’abbigliamento degli alunni. E sempre più spesso questo genera caos e scontri interni. L’ultimo caso in ordine di tempo è stato quello della studentessa del liceo classico Pilo Albertelli che è stata definita «zoccoletta» da un docente in un commento su Facebook, dopo che un’insegnante aveva lamentato pubblicamente «l’abbigliamento inadeguato» dell’alunna, ritenendolo «non in linea con il regolamento interno» all’istituto romano.


La Rete nazionale studenti medi: «Non c’entra il decoro»

E Tommaso Biancuzzi, coordinatore della Rete nazionale degli studenti medi, in un’intervista a Repubblica precisa: «Canottiera e pantaloncini, con questo caldo, significano sopravvivenza, non è una questione di decoro». Difatti, a detta di Biancuzzi, non «ha senso parlare di dress code nel 2022, specialmente se questo diventa uno strumento di esclusione e stigmatizzazione» a discapito degli studenti. A detta del coordinatore della Rete nazionale degli studenti medi, inoltre, sarebbe giunta l’ora di abolire i regolamenti interni agli istituti che «obbligano all’omologazione», perché per esempio «un ragazzo deve sentirsi libero di mettere lo smalto, così come una ragazza deve essere libera di potersi tingere i capelli d’arancione e di indossare una gonna e una canottiera», anche alla luce del fatto che nella maggior parte degli istituti italiani non sono presenti condizionatori o ventilatori. E Biancuzzi sottolinea: «Sdoganiamento questo tabù del corpo delle donne, le braccia scoperte sono sopravvivenza, specialmente con questo caldo», e «a nessuno verrebbe mai in mente di andare a scuola in costume e e infradito, basta affidarsi al buon senso». Ma le circolari, le confuse linee guida e i regolamenti interni, sono diffusi anche in altre realtà.


Le linee guida sull’abbigliamento degli studenti nelle scuole italiane

Come riportato da Repubblica, in provincia di Varese, il preside dell’istituto Manzoni di Castellanza ha emesso una circolare in cui suggerisce agli alunni di non indossare canotte e bermuda. Nel Vicentino, al liceo artistico De Fabris di Nove, una circolare interna vieta agli studenti di indossare pantaloni o gonne al di sopra del ginocchio e mette al bando le ciabatte. Più generiche, e dunque soggette a discrezionalità sia da parte degli alunni sia da parte dei docenti, le circolari della scuola media Mazzini di Castelfidardo, in provincia di Ancona, dove i docenti hanno chiesto agli studenti di non presentarsi in classe vestiti come se stessero andando al mare, mente la presidente del liceo scientifico Banzi di Lecce ha messo a punto delle linee guida in cui viene richiesto un’abbigliamento decoroso sia per gli studenti sia per gli insegnanti.

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