Sui registri scolastici la libertà di scegliere il genere, anche a Genova le scuole con il «protocollo alias». La situazione in Italia

Si aggiungono nuovi istituti scolastici alla lista di quelli che riconoscono la libertà di esprimere l’identità di genere negli istituti, ma rimane da sciogliere il nodo della certificazione medica e manca un regolamento nazionale

Anche il Liguria altre scuole superiori hanno da poco aperto alla possibilità per gli studenti di adottare la «carriera alias», che consente loro di scegliere un nome di diverso da quello anagrafico nei registri e negli atti formali. Le ultime scuole ad aggiungersi sono tutte a Genova, come scrive Il secolo XIX: l’Istituto Italo Calvino, e il liceo Grazia Deledda e a breve anche il liceo Piero Gobetti. La novità è tanto semplice nella funzione quanto efficace: se, ad esempio, Francesco, sente la propria identità di genere meglio rappresentata dal nome Giulia, può richiedere alla scuola di essere così identificato negli atti formali. Se lo studente in questione è minorenne, serve l’approvazione dei genitori. La misura, però, non si estende agli atti ufficiali, come ad esempio i diplomi, per i quali rimane valido il nome anagrafico.


La storia del Calvino di Genova

Al Calvino, tutto ha avuto inizio quando uno studente si è presentato a scuola vestito da donna. Un docente dell’istituto che ha chiesto di rimanere anonimo ha dichiarato al Secolo XIX che «quando il ragazzo è arrivato a scuola vestito da femmina, i compagni e i docenti (quasi tutti) lo hanno accettato senza alcun mormorio o pregiudizio», e che «anche una sua compagna ha cominciato a presentarsi a scuola vestita da maschio». In quel momento si è palesata la necessità di un cambio di paradigma, e anche se «qualche docente ha storto il naso», la mozione è stata approvata dal consiglio di istituto.


La situazione in Italia

Sono circa 80 gli istituti scolastici in Italia che permettono di attivare una carriera alias, un salto in avanti rispetto ai soli 32 del 2018. Spiccano gli istituti delle grandi città, tra cui Milano, con il Brera, il Boccioni e l’Olmo Frisi; Napoli e Roma, con il Ripetta. Molti anche gli atenei universitari: l’Università Ca’ Foscari di Venezia, è stata tra le prime nel Paese a dotarsi di questa possibilità, nel 2018, che ora esiste anche per gli studenti dell’Università di Bologna, Padova, Urbino, la Statale di Milano, Pisa, Trento, Torino, e altre. La possibilità di scegliere una carriera alias viene spesso associata ad altri accorgimenti, come ad esempio l’istituzioni di bagni gender neutral. L’identità alias, poi, è stata recentemente inserita anche nel rinnovato contratto dei dipendenti statali, sempre se supportata da una dichiarazione medica.

Manca un regolamento nazionale

In teoria, dovrebbe essere possibile attivare la carriera alias senza presentare alcun documento medico, poiché dal 2018 la transessualità non è più considerata dall’Oms come una malattia mentale e non dovrebbe quindi essere necessario giustificare la propria identità di genere. Tuttavia, alcune scuole non hanno seguito l’esempio virtuoso dell’Università di Pisa, e ancora richiedono che venga certificato un principio di transizione di genere. Queste differenze esistono alla luce dell’assenza di una normativa nazionale che regoli le carriere alias, che al momento sono lasciate alla sensibilità dei singoli istituti e dei singoli dirigenti, che sono quindi piuttosto liberi di dettare le condizioni che permettono o meno di accedere all’opzione.

L’importanza della norma

Grazie alla carriera alias gli studenti possono mettersi al riparo da insulti transfobici e discriminazioni. Ad esempio il misgendering che implica l’uso dei pronomi di genere diverso rispetto a quelli preferiti dalla persona oggetto della discriminazione. Altra discriminazione comune è il deadnaming, con la quale ci si riferisce a una persona con il suo “nome morto”, anziché quello scelto per rispecchiare la propria identità di genere.

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