Il ministro Orlando: «Stipendi più alti e basta precarietà: Confindustria si decida»

Il responsabile del Lavoro: «Il nostro Paese sconta una perdita di competitività cui si è pensato di far fronte con una flessibilizzazione del costo del lavoro. Ma questa strategia non ha funzionato»

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando all’attacco di Confindustria. In un’intervista rilasciata a La Stampa il responsabile del Welfare del governo Draghi chiede nuovi contratti, stop alla precarietà e stipendi più alti: «Il nostro Paese sconta una perdita di competitività cui si è pensato di far fronte con una flessibilizzazione del costo del lavoro. Ma questa strategia non ha funzionato. C’è un tema di pressione fiscale che va affrontato, ma anche Paesi con tasse uguali o più alte delle nostre hanno visto crescere i salari. Dire solo “tagliare il cuneo”, com’è giusto, non risolve tutta la questione». Secondo Orlando, che ne parla nel colloquio con Annalisa Cuzzocrea, è necessario rinnovare i contratti e far scomparire quelli pirata: «Siamo il Paese che più di altri ha una presenza di lavoro nero, di elusione e di mancata applicazione delle regole».


Poi il ministro se la prende direttamente con Bonomi, che lo aveva accusato di trattare le imprese come bancomat: «Presumo non gli sia piaciuto che abbia posto il tema del rinnovo dei contratti e dei salari, posto anche dal commissario Schmit, che ringrazio. Devo pensare che Bonomi voglia fare di me un bersaglio polemico o che non sia bene informato. Dice cose che non corrispondono alla realtà. Come il fatto che io voglia dare 5 miliardi di euro ai centri per l’impiego. Fino alla leggenda che sarei io a far pagare la cassa integrazione a Confindustria, quando per la prima volta la riforma degli ammortizzatori chiede in modo commisurato un contributo a settori che non l’avevano mai dato. Addirittura mi mette tra coloro che vorrebbero minare il famoso patto, risolvendo per via normativa quel che va risolto per via negoziale».


Orlando spiega di aver fatto una proposta sul salario minimo: «Estendere l’applicazione del trattamento economico complessivo dei contratti più rappresentativi di un settore a tutti i lavoratori di quel settore. Questo non risolverebbe il tema dell’adeguamento all’inflazione, ma comincerebbe ad affrontare la questione del lavoro povero». Su questo si può trovare un accordo, ma se questo non arriva «la politica ha il dovere di assumere l’iniziativa». Con due obiettivi in mente: «Mediamente le imprese europee sono più grandi delle no tre e la loro produttività è cresciuta più che da noi. Ma in Italia i salari sono cresciuti meno della produttività. Quindi dobbiamo chiederci: come si trattiene manodopera qualificata? E come si attrae? Perché non si tratta solo di stipendi più bassi, ma di maggiore precarietà del lavoro».

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