Caso Eni-Nigeria, la Procura di Brescia chiede il rinvio a giudizio per i pm De Pasquale e Spadaro

Secondo l’accusa, non avrebbero depositato prove potenzialmente favorevoli agli imputati nel processo per corruzione internazionale

La Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto di Milano e responsabile del pool affari internazionali, e per il pm Sergio Spadaro, oggi alla nuova Procura europea antifrodi. L’ipotesi è di «rifiuto di atti d’ufficio» nell’ambito del processo Eni-Shell Nigeria. I pm sono accusati di esser stati a conoscenza della falsità delle prove portate dall’ex manager di Eni Vincenzo Armanna, ma di non aver messo a disposizione delle difese e del Tribunale gli atti in proposito, nel corso del dibattimento sul blocco petrolifero Opl245. A De Pasquale e Spadaro viene contestato di non aver depositato materiale probatorio nel processo, tra cui rientra un messaggio inviato da Armanna a Isaak Eke, alto dirigente delle forze di polizia nigeriane in pensione. L’ex manager di Eni gli chiedeva di restituirgli 50 mila dollari, versatigli per confermare le accuse che Armanna ha mosso ai danni di Eni sul caso del blocco petrolifero Opl245.


Sarebbero stati omessi anche i messaggi che proverebbero come Armanna avrebbe indottrinato un altro teste, l’uomo d’affari nigeriano Mattew Tonlagha, sulle risposte da dare contro Eni alla pm Pedio. Inoltre, gli screenshot di presunte chat che Armanna, nel 2020, mostrò a un quotidiano, sostenendo di aver scambiato i messaggi nel 2013 con l’ad di Eni Descalzi e il capo del personale Claudio Granata (a riprova del loro presunto ruolo di depistatori), sarebbero considerati un «clamoroso falso»: i numeri ascritti da Armanna ai due vertici Eni non erano attivi nel 2013, risultando utenze che non potevano produrre traffico.


Ai due pm infine viene imputato il mancato deposito di una videoregistrazione effettuata clandestinamente nell’ufficio dell’imprenditore Ezio Bigotti, che mostrerebbe un incontro tra Amara e Armanna, nel quale quest’ultimo preannunciava di volere far coprire i vertici della società da una «valanga di me**a» due giorni prima di presentarsi in Procura con le prime accuse. Il processo per corruzione internazionale si è concluso il 17 marzo 2021 con assoluzioni «perché il fatto non sussiste». L’Appello è atteso per il 19 luglio.

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