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Cosa è successo con i presidenti di seggio a Palermo: «280 euro sono troppo pochi e poi c’era la partita». 200 persone segnalate alla Procura

13 Giugno 2022 - 05:14 Redazione
palermo presidenti di seggio pochi soldi partita
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I magistrati di Palermo hanno aperto una inchiesta per accertare la legittimità o meno delle rinunce agli incarichi

Ieri alle 23 a Palermo si sono scatenati i fuochi d’artificio e i cortei. Ma non c’entrava il referendum sulla giustizia e men che meno si festeggiavano i risultati delle elezioni comunali. La festa riguardava il ritorno dei rosanero in Serie B dopo la vittoria per 1 a 0 sul Padova. Ma lo spareggio per il campionato cadetto è indicato come uno dei motivi per spiegare il caos dei seggi nel capoluogo siciliano, dove già da sabato sono spariti i presidenti. Ne mancavano all’appello circa 200, poi ridottisi a 50 all’apertura dei seggi domenica mattina. Il caos è andato avanti fino all’ora di pranzo, quando fonti del Viminale hanno fatto sapere che si stavano insediando gli ultimi 13. Alla fine il comune è costretto a cercarli con un annuncio sul sito e ne denuncerà 147. Ovvero gli assenti ingiustificati.

Lo spareggio e l’attacco hacker

Il caos ai seggi a Palermo è stato determinato da due fatti concomitanti ma non collegati. Il primo è l’attacco hacker che aveva paralizzato la piattaforma elettorale del comune. Ieri, scaduto l’ultimatum, i dati sono finiti sul dark web. Il down del sito avrebbe impedito ai presidenti di inviare le rinunce in tempo. Il secondo fatto è proprio lo spareggio. «Con la partita decisiva per la promozione del Palermo – hanno fatto sapere ieri alcuni rappresentanti di lista – era assolutamente prevedibile cosa sarebbe accaduto, ma la Prefettura non solo ha provveduto, ma neppure ha pensato a un piano B». Ma La Stampa oggi segnala che c’è un altro motivo dietro la fuga dal seggio.

Uno dei presidenti disertori, sotto richiesta di anonimato, spiega a Giuseppe Salvaggiulo che c’è anche una questione economica: «Ci sono sette schede e nove scrutini da fare: cinque referendum, sindaco, consiglio comunale, presidente di circoscrizione, consiglio di quartiere. Sa quanto prendiamo? 288 euro. Gli scrutatori 208. Per quattro giorni di lavoro, senza orario. Sabato dalle 15,30 alle 2 di notte. Oggi dalle 6 e chissà quando si finisce. Domani si farà notte e probabilmente bisognerà tornare anche martedì. Almeno 40 ore. Cinque-sette euro l’ora, altro che salario minino».

Quanto guadagna un presidente di seggio

Proprio per questo c’è chi è andato ai pronto soccorso «per farsi refertare», di telefonate disperate a medici di base per un certificato medico. «Non condivido, ma li capisco – sbotta la scrutatrice Mary – qui è un delirio, se continua così chiamo il 118. Si rende conto del caldo che fa in queste aule? Non abbiamo nemmeno le sedie, ci danno quelle dell’asilo. Una vergogna». Per ricoprire il ruolo di presidente di seggio sono necessari il diploma di scuola superiore, il godimento dei diritti politici, non aver precedenti penali e non aver parenti che sono candidati. Il compenso è di 280 euro per l’impegno nell’intera tornata elettorale, agli scrutatori va qualcosa in meno.

Anche la candidata al consiglio Mariangela di Gangi ha spiegato ieri all’agenzia di stampa Agi che la questione è soprattutto economica: «Siamo tutti sconvolti quando i caporali pagano i braccianti 3 euro l’ora ma non diciamo niente quando lo Stato paga 3 euro l’ora i Presidenti e le Presidentesse di Seggio e anche meno gli scrutinatori e le scrutinatrici! Il caos di oggi è solo colpa del ‘Caporalato di Stato’ di chi pensa che 280 euro per quattro giorni di lavoro pressoché ininterrotto siano una cifra decente da spendere nel momento chiave della democrazia».

Complessivamente, sono oltre 200 le persone – tra presidenti e scrutatori – segnalate alla Procura. I magistrati, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, hanno aperto una inchiesta per accertare la legittimità o meno delle rinunce agli incarichi. I reati ipotizzati sono l’interruzione di pubblico servizio, il rifiuto di atti d’ufficio e la violazione di una legge elettorale del 1960.

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