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Meloni, Salvini, Berlusconi: la resa dei conti nel centrodestra dopo i ballottaggi delle elezioni comunali

giorgia meloni matteo salvini silvio berlusconi centrodestra elezioni comunali
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Si apre il processo dopo i ballottaggi: Silvio perde a Monza dopo aver portato la squadra in A, Matteo in calo in tutto il Nord. E Giorgia? Secondo gli alleati «soffre della sindrome del Marchese del Grillo»

È il momento della resa dei conti nel centrodestra. I numeri dei risultati delle elezioni comunali dicono che nei capoluoghi di regione il centrodestra ottiene 3 sindaci, il centrosinistra 1. Nei capoluoghi di provincia il centrodestra ottiene 13 sindaci, il centrosinistra 10, le liste civiche 3. Il centrodestra porta a casa i primi cittadini di Palermo, Lucca, Belluno, Barletta e conferma i comuni di Genova, L’Aquila, La Spezia, Pistoia, Asti, Rieti, Frosinone, Oristano, Gorizia. Il centrosinistra strappa i sindaci di Catanzaro, Lodi, Alessandria, Parma, Piacenza, Verona, Monza e conferma i comuni di Padova, Taranto e Cuneo. Le liste civiche prendono al centrodestra i sindaci di Como e Viterbo e confermano il comune di Messina, mentre il M5s conferma il solo sindaco di Mottola in Puglia. Ma la coalizione di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi perde nei comuni in cui si è presentato diviso al primo turno.

La fatal Verona, Monza e il Nord senza Lega

E l’esempio emblematico di questa tendenza è Verona. Dove trionfa l’ex calciatore Damiano Tommasi e il centrodestra vive uno psicodramma locale con chiari rischi di ripercussioni sull’alleanza a livello nazionale. Qui a perdere sono soprattutto Meloni e il suo candidato Federico Sboarina. Che ha rifiutato l’apparentamento con Tosi e adesso è sul banco degli imputati. «Le divisioni hanno penalizzato il centrodestra e aumentato l’astensione, serva a tutti di lezione: quando litiga e si divide, il centrodestra perde», segnala il responsabile Enti locali della Lega Stefano Locatelli.

Mentre Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia prima evidenzia che «hanno votato in pochissimi, i sindaci sono eletti con il 20% dei voti degli aventi diritto». Poi scarica il suo candidato: «Su Verona è stato uno sbaglio di Sboarina e Tosi non sapersi accordare nel ballottaggio con apparentamento o appoggio ufficiale, ma il vero errore è stato fatto al primo turno quando solo FdI e Lega hanno appoggiato il sindaco uscente. Mentre FI ha voluto rompere per appoggiare Tosi. Che non è arrivato neanche al ballottaggio».

Il problema, spiega oggi il Corriere della Sera, è che però il centrodestra ha perso anche quando era unito. Per questo ora il dito è puntato proprio su Meloni. Che, secondo l’accusa degli alleati, ormai soffre della sindrome del Marchese del Grillo. «Quella dell’“io sono io e voi non siete…”. Ormai crede di poter comandare solo lei, forte di sondaggi che la premiamo in quanto opposizione, ma che al voto potrebbero cambiare… Da tempo non chiamava Berlusconi, ora negli ultimi giorni lo ha fatto spesso, evidentemente vede il rischio di una posizione troppo isolata. E sbaglia troppo spesso i candidati, con arroganza», secondo gli alleati.

Giorgia come il Marchese del Grillo

Ma se la Meloni è come il Marchese del Grillo, Salvini ha poco da esultare. La Lega vince a Sesto San Giovanni, ormai ex Stalingrado d’Italia. Ma per il resto è in calo al Nord e il Capitano dovrà risponderne. Dopo il flop del referendum lo Stato maggiore del Carroccio attendeva soltanto i risultati del ballottaggio per cominciare a farsi sentire. Il calo dei consensi è la riprova dei troppi errori nella gestione solitaria del partito che già in molti imputano a Salvini. E porterebbe a lavorare su nuove ipotesi. Come quella di mandare in pensione la Lega «nazionale» per tornare a concentrarsi sulla rappresentanza dei settori produttivi. Un progetto che prevede una bella giravolta per l’attuale leadership. Che non a caso da qualche tempo teme di fare la fine di Conte con Di Maio.

Poi c’è il Cavaliere. Che ha portato il Monza in Serie A per poi veder esultare alle elezioni il candidato di centrosinistra. Nonostante l’appello registrato venerdì per mandare ai seggi gli elettori anche con la bella giornata di sole. Ora in ballo ci sono anche le candidature per le elezioni regionali. In Sicilia il candidato di Meloni Nello Musumeci ha ormai rinunciato alla corsa. Facendo un passo di lato sotto le pressioni degli alleati. E qui bisogna fare in fretta perché si voterà in autunno. Poi ci sono il Lazio e – soprattutto – la Lombardia. Dove il bis di Attilio Fontana è in bilico dopo l’annunciata candidatura di Letizia Moratti. Un altro bel problema da risolvere entro marzo. Possibilmente prima delle urne.

L’esultanza di Letta

Sull’altro fronte è il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ad esultare. «Questo risultato ci rafforza in vista del futuro, della costruzione di un centrosinistra che sia vincente anche a livello nazionale per le politiche dell’anno prossimo. Da domattina ci mettiamo al lavoro per preparare le elezioni politiche dell’anno prossimo e per andare con la stessa determinazione, la linearità, candidati unitari scelti bene senza strappi e un lavoro che tiene insieme un campo largo, ovunque l’unità ha premiato», dice a botta calda.

Il centrodestra perde male perché «ha fatto il alcuni casi scelte incredibili: «In alcuni posti il centrodestra ha scelto come proprio candidato un fuoriuscito del centrosinistra e per me questa è la scelta peggiore che si possa fare. Quei candidati hanno perso, penso al risultato clamoroso di Catanzaro e penso che anche questo sia il segno della linearità che vuol dire che si lavora con coerenza e questo alla fine paga». Un segnale al Centro?

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