L’attrice Gaia Nanni ha raccontato tre giorni fa su Facebook la sua esperienza con l’aborto a Firenze. Il post comincia con la mancata firma di una ginecologa che ha scelto l’obiezione di coscienza, che ha dato il via a una trafila lunga «giorni. Che sembrano mesi. Le settimane, anni». Tra psicologhe, assistenti sociali («vede, lei è emotivamente scossa. Piange, non siamo sicure che lo voglia davvero. Rifissiamo un altro appuntamento») e un ginecologo che la chiama «questa». «Ero minorenne? No. Ero in un centro di accoglienza rifugiati e non parlavo una parola di italiano? No. Ero una donna che voleva mettere fine alla sua gravidanza ma la sua firma a nulla serviva». Dopo la pubblicazione dell’articolo l’attrice ha avuto una brutta sorpresa in strada: «Oggi ho trovato la mia macchina cosparsa di immondizia e improvvisamente ho capito che davvero in Italia di alcune cose non si può parlare. Ho sopravvalutato il mio paese che quando giudica i vicini oltreoceano pare Pinco ma che alla fine resta un feudo medievale. Si tutela l’embrione e si augura la morte a quella che lo porta in grembo se non si comporta secondo i dettami stabiliti. Muori bastarda hai ucciso una vita!».

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