Antitrust, l’istruttoria su Google per abuso di posizione dominante nelle app

Secondo il garante della concorrenza Mountain View ha ostacolato l’interoperabilità con altre piattaforme

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) ha avviato un’istruttoria su Google per abuso di posizione dominante. Secondo l’autorità il gruppo Alphabet/Google detiene una posizione dominante in diversi mercati che consentono di acquisire grandi quantità di dati attraverso i servizi erogati (Gmail, Google Maps, Android). E nel 2021 ha realizzato un fatturato di 257,6 miliardi di dollari. Per l’accusa Google avrebbe ostacolato l’interoperabilità nella condivisione dei dati presenti nella propria piattaforma con altre piattaforme, in particolare con l’app Weople, gestita da Hoda, un operatore attivo in Italia che ha sviluppato una banca di investimento dati.


L’abuso di posizione dominante rappresenta una violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. Il comportamento di Google, sostiene l’Antitrust in una nota, è in grado di comprimere il diritto alla portabilità dei dati personali, disciplinato dall’articolo 20 del GDPR, e di limitare i benefici che i consumatori potrebbero trarre dalla valorizzazione dei loro dati. La condotta contestata «determina una restrizione della concorrenza perché limita la capacità degli operatori alternativi a Google di sviluppare forme innovative di utilizzo dei dati personali. In particolare, Hoda ha rappresentato all’Autorità gli effetti negativi della condotta di Google sulla sua iniziativa volta a valorizzare i dati personali con il consenso del titolare degli stessi e che offre opportunità di utilizzo innovative e prospettive merceologiche ancora inesplorate».


«Da quasi dieci anni Google offre alle persone la possibilità di estrarre e trasferire i propri dati», replica Mountain View. «Sono strumenti pensati per aiutare le persone a gestire le proprie informazioni personali, e non per permettere ad altre aziende o intermediari di accedere a più dati da vendere. Questo significherebbe mettere a rischio la privacy delle persone, oltre che a incoraggiare attività fraudolente. Per le aziende esistono già modalità per incrementare la portabilità diretta dei dati nei propri servizi, ad esempio tramite il progetto open source Data Transfer Project, a cui qualsiasi organizzazione è invitata a partecipare».

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