Il piano B di Letta è il Pd da solo alle elezioni: «Calenda come Renzi, vuole far saltare tutto?»

Il segretario Pd auspica un’intesa in 24 ore. Altrimenti è pronto alla corsa solitaria

Ufficialmente il Partito Democratico di Enrico Letta è al lavoro per trovare un accordo che tenga insieme Carlo Calenda e Nicola Fratoianni. Intanto però il segretario prepara un piano B. Perché non vuole perdere le elezioni “a tavolino”. E perché il “tutti contro tutti” che si è scatenato tra Bonelli e Di Maio da una parte e il leader di Azione dall’altra rischia di essere respingente per gli elettori. E così, mentre oggi si prepara l’ennesimo incontro «decisivo» e auspica un’intesa in 24 ore, nel frattempo Letta pensa a un accordo minimo con la lista dei Democratici e Progressisti. Perché, è il ragionamento, è meglio puntare al 30% dei voti in una corsa solitaria e identitaria che finire per fare lo stesso risultato portandosi dietro una coalizione litigiosa. Nella quale l’ex ministro dello Sviluppo sembra giocare il ruolo di Matteo Renzi. Ovvero quello che vuole far saltare tutto.


Il partito contro l’alleato

Nel partito c’è nervosismo. Un dirigente della sinistra, racconta oggi La Stampa, definisce Calenda un Renzi 2.0: «È un sottoprodotto di comunicazione politica. Noi dobbiamo confermare l’alleanza con SI e Verdi, poi lui faccia quello che vuole». Un esponente di Sinistra Italiana è più machiavellico: «Teme che il Terzo Polo di Renzi gli faccia perdere voti e allora si agita». Mentre sempre all’interno del Pd si ricorda che Azione doveva traghettare i (presunti) voti in uscita dal centrodestra e non da Fratoianni. E il pericolo è che «tutto questo gioco di rilanci» produca «un dissanguamento del Pd in termini di collegi e seggi per accontentare gli alleati».


Dall’altra parte del fronte invece si ricorda che nell’incontro tra Azione e Pd ieri si sono ricordati i punti dell’accordo firmato. «Il nostro patto ribadisce chiaramente la posizione su Nato, Agenda Draghi. Se il Pd ne firma uno antitetico è evidente che il nostro si straccia». Invece per Letta «tutti devono fare un passo indietro: rinunciare a costruire questa coalizione larga significa non entrare proprio in campo e darla vinta a tavolino alla destra». Chi si assume questa responsabilità, è il ragionamento riportato dal quotidiano, lo spiegherà agli elettori. Il leader Pd è diventato gelido di fronte all’ostinazione di Calenda sul suo «aut aut». Lunedì scorso Letta aveva ricordato che per lui «la stretta di mano è tutto», e a questo punto di strette di mano con Calenda, nel giro di una settimana, ce ne sono state due.

La coalizione a perdere

Letta non vuole restare con il cerino acceso in mano. Soprattutto, è il ragionamento, non vuole perdere a tavolino. Ovvero non vuole dare la sensazione all’elettorato che il Pd consideri conclusa la corsa delle elezioni prima che sia partita. Il Corriere della Sera spiega oggi che nelle stanze del Nazareno nessuno crede che si voglia far saltare tutto per un rigassificatore (ovvero quello di Piombino, al quale Si si è opposta anche in piazza). Nel centrodestra c’è un’alleanza che prevede chi ha partecipato al governo Draghi e chi si è opposto all’esecutivo dell’ex Bce. Eppure nessuno grida allo scandalo. Mentre è inutile pensare a prospettive di fantapolitica come un nuovo accordo con il Movimento 5 Stelle.

Anche perché Giuseppe Conte si avvia a fare la campagna elettorale con Alessandro Di Battista. Il quale non ha mai fatto mistero di avere posizioni piuttosto lontane (eufemismo) dall’Agenda Draghi. E allora tocca far scoppiare la pace prima che scoppi ufficialmente la guerra. Come del resto predicano alleati vicinissimi a Calenda come Emma Bonino. O Bruno Tabacci, che chiede di smetterla con le fatwe per non finire male. Attualmente i sondaggi attribuiscono al Pd il 23,2%, ad Azione il 3,4%, all’alleanza SI-Verdi il 3,2% e al Terzo Polo di Renzi il 2,3%. Sono numeri che dovrebbero far riflettere chi vuole correre da solo, dicono al Nazareno.

Il piano A, il piano B

Per questo Letta prepara il piano B. Un retroscena di Repubblica dice che il leader non esclude più la corsa solitaria. O l’alleanza minima con la lista Democratici e Progressisti. Il ragionamento è che il Pd potrebbe puntare a essere il primo partito correndo da solo. Un dato politico che avrebbe un peso nel prossimo parlamento. E porterebbe comunque a una sconfitta dignitosa. E in prospettiva utile per la rivincita. Nel partito Dario Franceschini è invece convinto che il Pd debba mettere gli alleati di fronte a un aut aut. Ovvero o tutti insieme appassionatamente o ciascuno per conto suo.

«Nella coalizione ci devono essere una gamba di sinistra e una gamba di destra, con meno di questo non ci sarebbero le condizioni», ragiona invece nei suoi colloqui di ieri il vicesegretario Peppe Provenzano. Questo per resta, ad oggi, un piano B. Letta punta a chiudere le alleanze in serata e poi cominciare da lunedì la vera campagna elettorale. Quella contro la destra. Altrimenti la strada è tracciata. E la corsa solitaria non sarà più un’ipotesi ma una certezza.

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