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Iran, gli Usa rispondono alle proposte di Teheran per il rilancio del piano sul nucleare: «Ancora questioni da risolvere, ma l’accordo è più vicino»

24 Agosto 2022 - 20:00 Enrico Spaccini
Le due parti tornano al dialogo dopo l'uscita unilaterale decisa da Donald Trump nel 2018

Iran, Stati Uniti e Unione Europea stanno lavorando al rilancio del Piano d’azione congiunto globale sul nucleare del 2015. Il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Nasser Kanani, ha detto: «La Repubblica islamica dell’Iran annuncerà la sua opinione in questo contesto al coordinatore dopo aver completato la sua revisione». Dagli Stati Uniti, infatti, è arrivata la risposta alle proposte di Teheran sulla bozza finale redatta dall’Unione europea. Cosa che è stata confermata dal Dipartimento di Stato americano: «Il nostro esame di quei commenti è ora concluso e abbiamo inviato la risposta all’Ue oggi», ha detto il portavoce Ned Price. «Dall’inizio, l’Iran ha portato avanti le sue attività nel campo del nucleare tenendo come base gli standard e i regolamenti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica», ha assicurato il capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica Mohammad Eslami.

L’accordo di Vienna

L’8 maggio del 2018 Donald Trump ha deciso di uscire dall’accordo. Il Piano era stato firmato a Vienna il 14 luglio del 2015 da Iran e i P5+1, ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Cina, Francia, Russia e Regno Unito) più la Germania e l’Unione europea. Con questo accordo, l’Iran aveva accettato di ridurre le sue riserve di uranio a medio e basso arricchimento, di arricchirne altro solo fino al 3,67 per cento per i successivi 15 anni e di non costruire alcun nuovo reattore nucleare ad acqua pesante per lo stesso periodo. In cambio, niente più sanzioni economiche da parte Usa, Ue e Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

I processi di arricchimento

L’amministrazione Trump, però, aveva deciso di rilanciare le sanzioni economiche. L’obiettivo del presidente Usa era quello di indurre il regime iraniano a «cessare la propria attività destabilizzante» e ritirarsi dalla Siria. La decisione americana non venne appoggiata dagli altri firmatari del Piano. Fino a quei giorni, l’Iran non aveva mai violato l’accordo. Poi, però, ha iniziato a lanciare ultimatum all’Ue chiedendo di trovare un modo per aggirare le sanzioni statunitensi altrimenti avrebbe ricominciato il processo di arricchimento dell’uranio. L’Aiea ha confermato il 4 gennaio del 2021 che Teheran aveva avviato il processo di arricchimento dell’uranio al 20 per cento. Soglia minima che permette di costruire la cosiddetta “bomba sporca”, arma atomica ancora poco efficace.

I nuovi riavvicinamenti

Solo con l’amministrazione Biden sono ripresi i dialoghi. Il 21 febbraio 2021 l’Iran ha stipulato un accordo temporaneo con l’autorità di controllo, ma dopo l’attacco aereo del 25 febbraio 2021 in Siria ha escluso la possibilità di nuovi colloqui. Una delle questioni che più di tutte stanno complicando un ritorno al tavolo sono le «garanzie credibili» chieste dall’Iran sul fatto che un futuro presidente Usa non esca più unilateralmente dall’accordo come ha fatto Trump. Dopo l’incidente di aprile alla centrale di Natanz, per il quale l’Iran ha accusato di sabotaggio Israele, era stato annunciato un nuovo arricchimento dell’uranio fino al 60 per cento. Il 29 novembre 2021 c’è stato un nuovo riavvicinamento, ancora a Vienna. «Ci sono ancora alcune questioni rilevanti da risolvere», aveva detto il portavoce Price lo scorso 22 agosto, affermando però anche che «un accordo è più vicino».

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