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Femminicidio Matteuzzi, l’autopsia conferma: morta per emorragia causata dalle lesioni al cranio

27 Agosto 2022 - 14:53 Gaia Terzulli
L'esame del medico legale ha rilevato anche le altre lesioni a livello del torace che la donna avrebbe subito dall'ex compagno

È stata eseguita l’autopsia sul corpo di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa a martellate il 23 agosto scorso a Bologna. Dell’omicidio è accusato l’ex compagno Giovanni Padovani. Dalle analisi sono emersi i molteplici colpi al cranio e le altre lesioni a livello del torace che Matteuzzi ha subito. La causa della morte individuata dal medico legale Guido Pelletti, dunque, sarebbe stata un’emorragia dovuta allo sfondamento del cranio. La donna, soccorsa in via dell’Arcoveggio, a Bologna, era morta circa due ore dopo in ospedale.

La convalida d’arresto in carcere di Padovani

Ieri, 26 agosto, il giudice del tribunale di Bologna, Salvatore Romito, aveva emesso l’ordinanza di conferma dell’arresto per Padovani, spiegando che questo, dall’inizio della relazione con Matteuzzi, aveva avuto nei suoi confronti «comportamenti frutto di un incontenibile desiderio di manipolazione e controllo», che hanno scatenato una «progressiva privazione di sempre più margini di libertà personale». Per il giudice, l’uomo «aveva un desiderio ossessivo e non riusciva ad accettare la fine della relazione con Alessandra». Animato «da un irrefrenabile delirio di gelosia» e incapace di gestire «le proprie pulsioni aggressive», Padovani ha avuto «manifestazioni di eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità e prevedibilità», sottolinea il giudice, che ravvisa un «elevatissimo rischio di recidiva» dell’uomo.

La ricostruzione dello stalking di Padovani

Nel ripercorrere la denuncia presentata da Matteuzzi il 29 luglio, («pur bisognevole dei necessari approfondimenti investigativi»), Romito ricostruisce un quadro allarmante. Padovani controllava ossessivamente il cellulare all’ex compagna, voleva che rimuovesse dai social i contatti di uomini, verificava che fosse davvero a lavoro chiamandola più volte e accertandolo di persona. Chiedeva alla donna perché fosse online su Whatsapp, pretendeva che smettesse di usare Facebook, si impossessava delle sue password. Se lei non obbediva, le reazioni di lui erano eccessive: scagliava a terra bottiglie di birra, posacenere ed entrava di nascosto a casa della donna, costringendola, nell’ultimo periodo, a nascondersi tra le quattro mura.

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