I diritti civili rischiano di essere il grande assente di questa campagna elettorale. Eppure, quando la Corte suprema degli Stati Uniti a fine giugno ha rovesciato la storica sentenza Roe v. Wade che nel 1973 aveva affermato il diritto federale all’aborto, tutta l’Italia ha rabbrividito anche perché sono stati sufficienti i voti di 6 magistrati per mettere in pericolo decenni di lotte e rivendicazioni. Guardando i programmi delle coalizioni di centrodestra, di centrosinistra, quello del Movimento 5 Stelle e del Terzo polo formato da Azione e Italia Viva, si può intuire quale strada i vari partiti vogliono percorrere nel campo dei diritti civili. Almeno sulla carta.
Migrazione e ius scholae
A meno di un mese dal voto, i temi che stanno agitando la campagna elettorale sono quelli più legati all’economia, al lavoro, a tutto ciò che sta risentendo in modo apparentemente più diretto dell’emergenza pandemica da Covid-19 e della guerra in Ucraina. L’argomento migrazioni è stato sollevato in particolare da Matteo Salvini – che ha anche fatto un blitz a Lampedusa – ma attualmente sembra accantonato anche per le distanze con la “frontrunner” Giorgia Meloni. Già nell’ultimo periodo del governo Draghi, era tornata sul tavolo la cittadinanza legata allo ius scholae. In poche parole, si tratta di un progetto che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana a tutti quei minori stranieri, nati in Italia o che ci siano arrivati da bambini, che hanno completato uno o più cicli di studi. Senza, quindi, attendere i 18 anni. Tra i principali promotori di questa norma c’è l’intera coalizione del centrosinistra: dal Pd a +Europa, passando per Verdi-Sinistra che non esclude nemmeno l’ipotesi ius soli (per il quale basterebbe nascere su suolo italiano per ottenere la cittadinanza, un po’ come già accade negli Usa).
Fuori dalla coalizione, lo ius scholae appare anche nel programma del Movimento 5 Stelle. Sotto il punto “Dalla parte dei diritti”, il partito guidato da Giuseppe Conte decide di riprendere la proposta per intero, senza modifiche. In quello di Azione-Italia Viva, invece, è ancora più esteso. Il Terzo polo, infatti, propone di concedere la cittadinanza anche agli «studenti stranieri che hanno svolto e completato gli studi universitari in Italia». Per quanto riguarda il centrodestra, a luglio Silvio Berlusconi aveva detto di essere favorevole allo ius scholae. Tuttavia, alla fine Forza Italia è scesa a patti con Lega e Fratelli d’Italia che si sono sempre opposte a questa norma. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, infatti, non appoggiano la condizione per la quale basterebbe completare un ciclo scolastico, ma devono aver frequentato regolarmente almeno 10 anni di scuola dell’obbligo. Alla fine, nel programma di coalizione non c’è traccia della questione cittadinanza. In realtà non c’è proprio un punto dedicato ai diritti civili, ma si parla più genericamente di inclusione sociale e lavorativa degli immigrati regolari.
Il suicidio assistito e la sacralità della vita
Nel suo programma, il Pd scrive: «La società ha dimostrato di essere più avanti della politica». E per quanto riguarda il fine vita, forse è così. Era il 3 agosto quando l’ex deputato Marco Cappato si presentava ai carabinieri di Milano per autodenunciarsi. Tornato dalla Svizzera, aveva appena aiutato la signora Elena, 69enne affetta da una patologia oncologica polmonare irreversibile, che aveva chiesto di essere accompagnata oltre confine per poter accedere legalmente al suicidio assistito. Come si legge nel sito dell‘Associazione Luca Coscioni, con la sentenza della Corte costituzionale Cappato-Antoniani emessa nel settembre del 2019 in Italia è possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito. Le condizioni, però, sono che «la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile e portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche, e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale». In quest’ultimo punto, a differenza del caso di Fabiano Antoniani, alias Dj Fabo, non rientrerebbe Elena. Per questo motivo, ora Cappato è indagato e la pm Tiziana Siciliano dovrà stabilire se Cappato ha violato la legge.
Ecco perché Pd, +Europa e Verdi-Sinistra inseriscono nel proprio programma la volontà di continuare il percorso legislativo iniziato nel 2019 per estendere la possibilità di ricorrere all’aiuto medico alla morte volontaria e all’eutanasia. Una strada che, scrive +Europa, rafforzerebbe la libertà di scelta anche per chi non è tenuto in vita tramite sostegno vitale. In questo campo, però, il centrosinistra appare isolato. Infatti, né M5S, né Azione-Italia Viva e neppure il centrodestra inseriscono un punto a riguardo nei loro documenti. Tuttavia, non è un mistero la posizione contraria di Salvini e Meloni che più volte hanno provato a ostacolare l’iter della legge affermando: «La vita è sacra», contrapponendo l’eutanasia all’incremento dei livelli essenziali di assistenza sociale e alla piena presa in carico da parte dello Stato delle persone con disabilità.
Omotransfobia e educazione sessuale
Da quel primo Pride nazionale del 2001 se ne è fatta di strada. Lo scorso 2 luglio sono scese per le strade di Milano circa 300mila persone per sfilare con bandiere e striscioni arcobaleno: «Adesso abbiamo paura, ma siamo pronti a fare la nostra parte se servirà». Fabio Pellegatta è il presidente del Centro d’iniziativa gay (Cig) Arcigay del capoluogo lombardo e a Open ha parlato delle preoccupazioni che stanno mettendo all’erta il movimento. «Gli ultimi eventi ci hanno insegnato che nessuna democrazia ha parametri che la tutelano», spiega citando proprio quanto sta accadendo negli Stati Uniti con l’aborto. «Certi giochetti politici possono far cambiare le conquiste che ormai sono entrate nella mente delle persone, ma che escono dalle porte della politica». Ecco perché, anche se tutti gli schieramenti politici, fatta eccezione per il centrodestra, inseriscono nel loro programma la necessità di approvare una legge contro l’omotransfobia e di promuovere progetti di educazione sessuale e affettiva nelle scuole come misura di prevenzione delle discriminazioni, «tutto resta fortemente in bilico».
Secondo il presidente del Cig Arcigay di Milano «sarà nei prossimi dibattiti che si capirà la consistenza dell’appoggio degli schieramenti politici». Pellegatta fa notare come la destra abbia «deciso di non parlarne» cosa che, anche se opinabile, rimane una presa di posizione preferendo un miglioramento delle politiche familiari e delle politiche di conciliazione lavoro-famiglia per madri e padri. Tutti gli altri, invece, dovranno dimostrare «una certa convinzione sull’argomento e nessuno lo ha ancora fatto». Quando lo scorso 27 ottobre il Senato affossò il Ddl Zan, alcuni senatori si lasciarono andare in un fragoroso applauso: «Quell’atteggiamento non corrisponde alla maggioranza degli italiani perché qui la questione va oltre il matrimonio egualitario o le adozioni.. Pensare che i problemi economici debbano avere la priorità sui diritti sarebbe il più grande errore».
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