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Pd, Forza Italia, governo: ecco come è nato l’emendamento che abbatte il tetto dei 240 mila euro per i vertici pubblici

13 Settembre 2022 - 22:45 Felice Florio
La genesi del testo è imputabile a due senatori, uno di centrosinistra e uno di centrodestra, ma è stato il ministero dell’Economia a scrivere l’emendamento nella formula approvata oggi. E il governo a dare il suo parere favorevole

Solo i senatori di due partiti hanno votato a favore, al Senato, dell’emendamento al Dl aiuti bis che consente una deroga al tetto dei 240 mila euro di stipendio per i vertici di forze armate, ministeri, presidenza del Consiglio. Forza Italia e Partito democratico. Tutti gli altri astenuti. Ed è proprio tra gli esponenti di queste due forze politiche che si nasconde la genesi dell’emendamento, che Open aveva pubblicato in anteprima la mattina del 13 settembre. Sarebbe stato Luciano D’Alfonso, ex presidente dell’Abruzzo e attuale presidente della commissione Finanze, a stimolare la stesura di un emendamento per abbattere il limite dei 240 mila euro per alcuni incarichi pubblici. Una polpetta avvelenata? Può darsi, perché l’idea viene veicolata dal senatore a un collega del partito rivale. Marco Perosino, Forza Italia: è lui ad appore la firma sull’emendamento iniziale che, però, prevede una deroga al limite dei 240 mila euro soltanto «per il personale che ricopre gli incarichi di vertice delle Forze di Polizia».

È al ministero dell’Economia che la proposta di modifica dell’articolo 41 viene modificata nella formula attuale. Così, la riformulazione del trattamento economico accessorio viene estesa a una vasta platea di dirigenti pubblici: direttori, comandanti, capi e segretari generali, dall’amministrazione penitenziaria alle capitanerie di porto, dai ministeri fino alla presidenza del Consiglio. Il nuovo testo, partorito sotto gli occhi del ministro Daniele Franco, ritorna a Palazzo Madama per essere votato dalle commissioni riunite di Bilancio e Finanze. Attenzione: l’emendamento è stato riproposto ai senatori «con il parere favorevole del governo». Diversi membri delle due commissioni giurano di non averlo neanche letto, ma di aver dato il via libera sulla base della fiducia a Palazzo Chigi. Il senatore di Forza Italia Perosino disconosce il testo. Giura ai colleghi che, nonostante l’emendamento porti la sua firma, il contenuto è molto distante da ciò che aveva scritto di suo pugno.

Ma anche da Palazzo Chigi trapelano notizie di un Mario Draghi sorpreso e adirato. Fonti vicine al presidente del Consiglio assicurano che il governo si adopererà per bloccare l’emendamento. Il punto, però, è che l’esecutivo non può prendersela con i partiti: primo perché la riformulazione è stata fatta dal ministero dell’Economia, secondo perché prima di ritornare al Senato il parere positivo del governo sugli emendamenti c’è stato. Quindi o lo staff del ministro Franco non ha comunicato con Draghi e i suoi, oppure persino al ministro dell’Economia sono sfuggiti i passaggi che hanno portato alla riscrittura degli emendamenti del decreto aiuti bis. O, terza ipotesi, qualcuno sta mettendo. Ma il bugiardo va cercato tra le file del governo. Adesso, la soluzione più probabile sembrerebbe inserire nel decreto aiuti ter una norma per sopprimere la deroga al tetto dei 240 mila euro.

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