Il maestro Beppe Vessicchio contro la Rai: «Non mi pagano e non mi fanno più lavorare»

Tra viale Mazzini e il musicista balla la questione dei diritti connessi all’esecuzione di opere musicali

Il maestro Beppe Vessicchio contro la Rai. Il musicista diventato un’icona del Festival di Sanremo sta litigando con Viale Mazzini per una questione che riguarda i cosiddetti diritti connessi. Ovvero quelli che scattano a favore del produttore e dell’interprete quando si diffonde la registrazione di un brano. Vessicchio ha chiesto il pagamento ma la tv pubblica non gliel’ha accordato. E, racconta oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano, Viale Mazzini non lo fa più lavorare. «Ho composto le musiche della trasmissione “La prova del cuoco” fin dalla prima edizione. Tutta la produzione musicale e le registrazioni che sono state utilizzate in quel programma (a partire dalla sigla che divenne un vero “tormentone”), è stata da me interamente realizzata e in piena autonomia», racconta Vessicchio a Salvatore Cannavò.


I diritti connessi

Quando ha scoperto di non essere stato pagato per i diritti connessi, Vessicchio ha avviato un dialogo con la Rai. La quale gli ha risposto che la sua richiesta era campata in aria. A quel punto si è rivolto al giudice: «Ed è scattata la clausola (“deterrente”, la chiamo io) secondo la quale chi ha contenziosi con la Rai non può avere contratti in essere diretti con l’azienda. E così non ho potuto partecipare a molti programmi, perché l’ufficio legale è intervenuto sull’ufficio scritture artistiche (che stipula i contratti con gli artisti e gli ospiti) ponendo uno stop alla mia presenza».


La dannazione vale anche per le partecipazioni gratuite. Ma non per i programmi in appalto. Secondo il maestro la Rai ha paura di «scoperchiare un “vaso di Pandora”. Credo siano in molti a trovarsi nelle mie stesse condizioni. Conosco chi questi diritti li ha incassati e anche chi non li ha mai visti». Ora la parola spetta al tribunale: «Intendo andare avanti fino in fondo a questa faccenda, nonostante io sia un “pesce piccolo”; rispetto ad altri potrei più facilmente temere le conseguenze dettate dalla lunghezza e dai costi di un iter giudiziario nonché dalla perdita di contratti. Desidero che la verità venga fuori: se avevo torto o meno non deve deciderlo la Rai».

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