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Cosa sappiamo delle bombe atomiche tattiche, quali può usare la Russia e i rischi per la popolazione ucraina

Sono capaci di fare più danni di un ordigno convenzionale. Ma per radioattività non sarebbero paragonabili a quella di Hiroshima

Si era già parlato dell’uso delle armi atomiche fin dai primi giorni dell’invasione russa in Ucraina, come evidente minaccia da parte del Cremlino di fronte a un eventuale intervento da parte dell’Occidente in difesa di Kiev. Lo scenario nucleare risultava distante finché l’esercito invasore avanzava, ma di fronte alla controffensiva ucraina e la perdita di territori preziosi Vladimir Putin si è visto costretto a riutilizzare la carta del terrorismo nel tentativo di “salvare il salvabile”. Nel corso degli anni, sono stati costruiti ordigni sempre più potenti e letali, ma nell’attuale contesto pare prediligere l’utilizzo delle cosiddette armi nucleari tattiche. Che potenza hanno queste armi in possesso anche del Cremlino? Quali danni potrebbero causare nei territori colpiti?

L’ipotesi che i russi potessero mettere in campo l’utilizzo di queste armi, portando al rischio di provocare un conflitto di vasta portata, era stata contemplata. Ulrich Kühn, esperto nucleare dell’Università di Amburgo e del Carnegie Endowment for International Peace, intervistato dal New York Times aveva ipotizzato già a marzo, che «Putin potrebbe sparare con un’arma in un’area disabitata invece che contro le truppe». Un luogo potrebbe essere l’Isola dei Serpenti, come azione dimostrativa al fine di intimorire Kiev e l’Occidente. Non tutti la pensano in questo modo. Secondo il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare contattato da Open, c’è la possibilità che Putin preferisca colpire un obiettivo militare ucraino al fine di dimostrare l’efficacia e la precisione delle armi a sua disposizione.

Quali tipi potrebbe usare la Russia

Secondo la docente di relazioni internazionali Nina Tannenwald, la Russia è in possesso di circa 4.500 testate nucleari nel suo arsenale. Oltre duemila sarebbero quelle considerate “tattiche”, sparse nel territorio russo con la possibilità di essere lanciate mediante missili a corto raggio (la portata è di circa 500 chilometri). Parliamo di ordigni preferibili a quelli più grandi ma parliamo comunque di armi in grado di fare danni ben più gravi di una bomba convenzionale.

Si parla di efficacia e precisione, che dipenderanno dal vettore (il tipo di missile prescelto), ma cosa sappiamo riguardo la potenza? Quanta energia potrebbe sprigionare un arma nucleare per essere considerata “tattica”? Secondo il generale Tricarico, i russi potrebbero optare per ordigni con capacità di esplosione a partire da 1kton (chilotone) e inferiori a quella usata per Hiroshima (15kton), ottenendo effetti tali da garantire la distruzione assoluta in un raggio di qualche centinaio di metri fino a un chilometro e mezzo. A seconda della potenza, i danni sensibili potrebbero riguardare una superficie tre volte maggiore. Ciò che risulta difficile da calcolare è l’effettiva ricaduta radioattiva (nota come fall-out) che dipende da diversi fattori, a partire da dove viene detonata la bomba: vicino al suolo o in aria.

La potenza distruttiva

Come precedentemente spiegato, questo tipo di armi sono in grado di fare danni più gravi di quelle convenzionali. Per avere un’idea della loro potenza distruttiva ci possiamo avvalere di un simulatore, noto come Nukemap, creato dallo storico ed esperto di armi nucleari Alex Wellerstein della Stevens Institute of Technology (New Jersey, Stati Uniti) e già utilizzato per calcolare eventuali scenari di guerra da parte degli esperti dell’Università di Princeton. Ponendo l’esempio di una bomba di appena 0,3kton (l’equivalente di una B-61 Mod 3 americana), la sua potenza distruttiva sarebbe sufficiente a devastare il centro storico di Milano.

La simulazione di una bomba atomica tattica da 0,3kton con luogo d’impatto il centro di Milano (zona Duomo).

Secondo Nukemap, considerando la potenza minima di 1kton citata dal generale Leonardo Tricarico, l’esplosione potrebbe causare evidenti danni in un raggio di azione compreso dal Duomo di Milano (luogo della detonazione) fino a poco oltre Porta Sempione.

La simulazione di una bomba atomica tattica da 1kton con luogo d’impatto il centro di Milano (zona Duomo).

Per avere un paragone con la detonazione più nota, quella di Hiroshima di 15kton, il risultato sarebbe devastante per l’intera città e la prima periferia.

La simulazione di una bomba atomica tattica da 15kton con luogo d’impatto il centro di Milano (zona Duomo).

La potenza radioattiva e i rischi per i civili

Un’arma nucleare tattica, secondo quanto spiegato dalla docente di relazioni internazionali Nina Tannenwald, potrebbe produrre una palla di fuoco, onde d’urto e radiazioni mortali che causerebbero «danni alla salute a lungo termine nei sopravvissuti». Dopo aver considerato la potenza distruttiva, bisogna valutare le eventuali ricadute radioattive che contaminerebbero l’aria, il suolo, l’acqua e l’approvvigionamento alimentare.

Il fisico Enrico D’Urso spiega a Open che un ordigno sotto il 1 kton di potenza (o anche solo 0,3 kton) avrebbe un effetto più in termini propagandistici: «Questa guerra ha numeri di truppe troppo bassi perché una singola bomba del genere possa avere un effetto strategico sul fronte – spiega il Fisico -. Tutta la liberazione di Izjum è stata fatta con cinquemila uomini. L’operazione Federico II da parte dei tedeschi contro l’Unione sovietica durante la Seconda guerra mondiale (conosciuta anche come Seconda battaglia di Char’kov), ha avuto più di un milione di uomini contando entrambe le parti, ed era nella stesa zona, con la stessa disposizione delle truppe e lo stesso metodo di accerchiamento. Oggi gli ucraini hanno usato molte meno truppe».

Ma se l’effetto in termini militari sarebbe minimo, cosa potremmo dire dei civili in prossimità della detonazione di un’arma del genere? «Se i civili stanno in casa è possibile che non subiscano grossi effetti da radiazioni. Avrai la distruzione, l’onda di calore, eccetera- continua D’Urso -, poi tutti quelli che si troverebbero più distanti non avrebbero praticamente effetti da radiazioni, mentre i vetri rotti provocherebbero la maggior parte dei danni».

Non ci sarebbero contaminazioni delle acque e delle coltivazioni circostanti? «Sì, ma non così importanti. Sarebbero certamente consistenti, ma data la natura dell’ordigno sarebbero meno impattanti di quanto ci si potrebbe aspettare in termini quantitativi e temporali, oggi Hiroshima ha 1.2 milioni di abitanti». Ordigni di 0.3 kton avrebbero soprattutto un effetto psicologico. «Gli effetti ricorderebbero più quelli di una bomba sporca, per quanto pur sempre maggiori: cioè caos e panico generalizzato più che danni effettivi».

Viene in mente il confronto che a volte si fa, tra gli effetti della bomba di Hiroshima e il disastro di Chernobyl, che ha lasciato contaminazioni notevolmente maggiori e persistenti. «A Hiroshima hanno ricominciato a costruire dopo pochissimi mesi ed ora vi abitano oltre 1 milione di persone – conclude il Fisico -, per Chernobyl è stato diverso, perché c’era una contaminazione molto più elevata. Teniamo inoltre conto, che una bomba nucleare rilascia al massimo pochi Kg di prodotti di fissione, mentre Chernobyl ha rilasciato svariate tonnellate di materiali contaminati».

Cosa fare (ma soprattutto non fare)

Nel caso di utilizzo da parte della Russia di un’arma nucleare tattica nel territorio ucraino, risulta evidente che non ci sarebbero ripercussioni a livello di radiazioni per l’Italia. Come abbiamo precisato in un precedente articolo, la corsa in farmacia per l’acquisto delle pillole di iodio è di fatto inutile, ma soprattutto pericolosa se poi vengono ingerite in maniera sconsiderata e senza alcuna presenza di un pericolo radioattivo.

Secondo quanto spiegato da MedicalFacts, l’assunzione insensata di pillole di iodio potrebbe comportare gravi danni alla nostra salute: «Oltre a poter causare problemi gastro-intestinali, cutanei o l’infiammazione delle ghiandole che producono la saliva – di solito di lieve entità – può portare allo sviluppo di una Tiroidite autoimmune. Questo può succedere soprattutto se si assume un dosaggio più alto del previsto o per un tempo più lungo del necessario oppure in presenza di patologie della tiroide già esistenti. Nei più piccoli, inoltre, l’assunzione di questo medicinale può causare un problema di ipotiroidismo che, se non trattato, può condurre a problemi cognitivi anche gravi. L’assunzione di ioduro di potassio, inoltre, protegge esclusivamente la tiroide e solo dallo iodio radioattivo: non costituisce una protezione né per gli altri organi del nostro corpo né nei confronti di altri tipi di isotopi radioattivi, che potrebbero essere ugualmente prodotti in caso di disastro nucleare».

Nel caso di un pericolo reale, esistono delle linee guida utili per i sopravvissuti. Una delle azioni più semplici e immediate da eseguire è quello di ripararsi al chiuso, con le porte e le finestre serrate, per un periodo ragionevole di due giorni, in modo tale che venga ridotta al minimo l’inalazione della nube radioattiva e del materiale depositato al suolo. La Protezione Civile italiana, lo scorso 9 marzo 2022, aveva pubblicato un piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari dove è possibile consultare le varie linee guida da seguire.

Foto di copertina – Missile russo Sarmat, utilizzabile dalla Russia per un ordigno nucleare.
Video di copertina – Simulazione di una bomba pari a quella di Hiroshima (oggi considerabile bomba tattica) su Milano.

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