Caro energia, la stufa non risolve: impennata dei prezzi anche per legna da ardere e pellet

Secondo l’Aiel, sono state 11 milioni le tonnellate di legna da ardere consumate in Italia nel 2021, a cui si sommano 3,2 milioni di tonnellate di pellet. Ma quest’anno i prezzi sono già aumentati

Non solo gas ed elettricità. Ad essere schizzato alle stelle è anche il prezzo della legna da ardere. Fino all’anno scorso un bancale di faggio pre tagliato costava tra i 150 e i 170 euro, ora per gli stessi sette quintali bisogna sborsarne anche 300. Non è stato risparmiato nemmeno il pellet – i piccoli agglomerati di forma cilindrica utilizzati nel riscaldamento: un sacco da 15kg è passato da 4-5 euro a 13-14. I dati sono confermati – spiega la Repubblica – dal’Aiel (l’Associazione Italiana Energie Agroforestali) che parla di un aumento sulla tonnellata di materia prima del 30-50%, che poi si moltiplica al momento della vendita al dettaglio. Oltre all’incremento della domanda guidato anche da chi cerca di sfuggire al caro gas, a far salire i prezzi è stata una brusca riduzione dell’export da parte di vari Paesi che normalmente vendono legna all’Italia: Bosnia, Croazia, Slovenia. Il periodo per fare scorta, come per il gas, è quello estivo. Sarajevo aveva bloccato tutte le esportazioni fino al 30 settembre. Zagabria e Lubiana hanno solo ridotto, ma la tendenza è la stessa: chi ha legna la tiene per soddisfare il bisogno interno.


«L’Italia è impreparata»

Secondo Imerio Pellizzari, membro del cda di Aiel, la politica seguita negli scorsi anni non ha aiutato: «Per comodità e convenienza, abbiamo consegnato l’85% del nostro mercato ai Paesi dell’est». Secondo il Pellizzari, il problema principale è che per mancanza di programmazione, la legna proveniente dall’estero era diventata più economica di quella nostrana. Ma ora che i prezzi sono aumentati è difficile correre ai ripari. I rincari arrivano in un momento particolarmente delicato, poiché l’aumento del prezzo del gas ha portato molte famiglie a cercare riparo nella legna e nel pellet. L’Aiel ha registrato, nel primo semestre del 2022, un incremento dell’8% delle vendite di stufe e caminetti, che nella seconda metà dell’anno è previsto in ulteriore rialzo. I produttori affermano di non riuscire a tenere il passo degli acquirenti. Già ora, chi ordina da Nordica e Rizzoli riceverà la propria stufa nel corso del 2023.


8,3 milioni di stufe e caminetti

La corsa ai combustibili tradizionali arriva dopo anni di relativa stabilità della loro presenza sul mercato. Secondo l’Aiel, sono state 11 milioni le tonnellate di legna da ardere consumate in Italia nel 2021, a cui si sommano 3,2 milioni di tonnellate di pellet. Questi vengono bruciati da 8,3 milioni di impianti – per il 99% principalmente stufe, caminetti e caldaie con potenza inferiore ai 35 Kw – distribuiti sul suolo italiano. Sebbene si tratti di fonti rinnovabili, il loro impatto sull’inquinamento atmosferico non è trascurabile. Pellet e legna da ardere, infatti, sono combustibili che rilasciano grosse quantità di polveri sottili, le stesse che d’inverno soffocano le aree urbane. Proprio per questo, in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, da anni sono in vigore divieti che interessano le stufe e caminetti più vecchi e inquinanti. Divieti che in certi casi vengono meno, come a Rimini, dove il sindaco lo ha sospeso per fare fronte al caro energia.

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