Sfregiata la scultura di Jago contro il razzismo a Castel Sant’Angelo. L’artista: «Mi spiace per Roma»

Il Comune di Roma ha deciso di rimuovere i resti dell’opera ormai pericolosi, nella speranza di poter recuperare la scultura

Un nome di un’opera che, fatalmente, ne ha racchiuso l’infelice destino. In Flagella Paratus Sum, Sono pronto al flagello, opera di Jago, al secolo Jacopo Cardillo, l’artista 35enne originario di Frosinone, è stata rimossa per ragioni di sicurezza dal Comune di Roma dopo essere stata «deturpata in maniera importante» nella notte fra giovedì 6 e venerdì 7 ottobre. La scultura, raffigurante un giovane profugo sdraiato a terra sul ponte di una nave, opera dal forte valore simbolico e di denuncia contro il razzismo, era stata collocata sul ponte degli Angeli a Castel Sant’Angelo a Roma lo scorso agosto. Giulia Silvia Ghia, assessora alla Sicurezza del I municipio di Roma, quest’oggi ne ha annunciato la rimozione, per metterla al sicuro ed eventualmente poterla restaurare in futuro, se l’artista sarà d’accordo: «A differenza di altri sfregi subiti in passato (varie dita, una mano e poi un braccio) questa volta la scultura è stata deturpata in maniera da comprometterne la permanenza in un luogo pubblico, poiché la mancanza della parte inferiore delle gambe l’ha resa tagliente e pericolosa anche per coloro che l’avrebbero solo sfiorata». Ghia ha poi aggiunto: «Anche questa volta dobbiamo constatare che siamo costretti a privare la città e coloro che la visitano di un’opera d’arte già entrata nei cuori dei moltissimi che l’hanno potuta ammirare dal vivo. Faremo di tutto per rintracciare gli incivili che hanno commesso lo sfregio, che verranno duramente perseguiti anche grazie alle nuove norme che tutelano i beni culturali».


La reazione dell’artista

Ma a commentare l’accaduto è intervenuto anche l’autore dell’opera, Jago, considerato da molti il “nuovo Michelangelo”, che ha spiegato che l’opera «è stata buttata di sotto» e ha amaramente aggiunto: «Mi dispiace per Roma». Ma l’artista frusinate tenta di smorzare l’amarezza con una battuta: «Comunque il titolo dell’opera era “Sono pronto al flagello”, quindi sapevo che sarebbe successo». «Evidentemente qualcuno non ha gradito il messaggio», ha aggiunto Tommaso Zijno, assistente dello scultore.


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