Imu sulla casa del coniuge, come chiedere i rimborsi

Confedilizia, l’associazione dei proprietari, ha annunciato l’apertura di sportelli con funzioni di consulenza e assistenza

Prosegue l’evoluzione che riguarda l’Imu, l’imposta municipale propria legata al possesso di case che prevede un’esenzione per le abitazioni principali. Esenzione che la Corte Costituzionale ha deciso di estendere anche alle seconde case, nel caso coniugi che risiedano in strutture diverse di cui sono i rispettivi proprietari. Se queste condizioni sono verificate e non fittizie, la possibilità è valida anche all’interno dello stesso Comune. Il principio, inoltre, potrebbe essere applicato anche a ritroso, anche se – come ricorda il Messaggero, – modalità ed eventuali limiti sono ancora da verificare. Per i proprietari interessati, nel frattempo, Confedilizia ha predisposto appositi sportelli con l’obiettivo di «fornire consulenza e assistenza», oltre che per la «verifica della sussistenza dei requisiti (residenza anagrafica e dimora abituale) necessari per avere diritto all’esenzione». Diritto che si potrà far valere «relativamente alle somme pagate nell’ultimo quinquennio».


Un nuovo concetto di «nucleo familiare»

La questione esce fuori dai confini della burocrazia. Porta infatti a una rimessa in discussione del concetto di «nucleo familiare» contenuto nella legge istitutiva dell’Imu. L’innovazione appena descritta abbatte infatti i limiti nei confronti delle coppie legalmente sposate, che fino ad ora non potevano avere accesso agli stessi vantaggi fiscali delle altre. Ma è l’ultima tappa di un percorso graduale. Dapprima infatti, grazie anche a un’interpretazione ministeriale, l’agevolazione era stata riconosciuta solo per immobili situati in Comuni diversi. La residenza diversa doveva essere giustificata, ad esempio per motivi di lavoro. Anche quel caso era stato tuttavia escluso dopo un intervento della Corte di Cassazione e un ulteriore aggiustamento legislativo. Adesso, la Consulta ha voluto rimuovere nettamente questa impostazione, ritenendola penalizzante per le famiglie rispetto ai singoli all’interno di relazioni di fatto. «Dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale», aveva spiegato la Corte.


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