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Bologna, chiuse le indagini sulla banda dei bancomat con i complici in banca: vittima anche un membro dello Stato sociale

20 Ottobre 2022 - 19:10 Redazione
12 persone sono accusate di associazione a delinquere, furto aggravato e corruzione. Nel mirino del gruppo criminale era finito anche un prete della provincia di Bologna

È arrivata a conclusione l’indagine della procura di Bologna per 12 persone accusate di associazione a delinquere, furto aggravato, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio e frode informatica. Si tratta di 10 italiani e due romeni che sarebbero collegati ad un’operazione del 2020 in cui i carabinieri avevano sgominato un’organizzazione criminale che aveva messo a segno 90 colpi tra Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Campania e Lazio, per un totale di circa 400mila euro, ai danni di diversi cittadini. Tra questi figurano anche un componente della band italiana Lo Stato Sociale e un parroco della provincia di Bologna. All’inizio vennero arrestate 5 persone di origine campana tra i 38 e i 54 anni. Ad oggi, le autorità hanno delineato come il gruppo riusciva a entrare in possesso dei bancomat che un istituto di credito spediva ai clienti, e che poi venivano utilizzati per prelevare soldi dai conti correnti delle vittime. Per riuscirci fondamentali sarebbero stati tre impiegati corrotti. Gli accertamenti erano scattati ad aprile 2020 dopo la denuncia di un anziano che si era visto sparire dal suo conto in banca ben 6.500 euro

Il profilo falso su Facebook e gli impiegati corrotti

Gli investigatori hanno scoperto che qualche anno prima dei colpi il capo banda aveva creato un profilo fake su Facebook con le foto di una 42enne napoletana. Anche quest’ultima tra gli indagati, perché si fingeva impiegata dell’istituto di credito e convinceva i clienti a farsi dire il pin del nuovo bancomat inviato dalla banca via sms. La banca, infatti, inviava separatamente tessere e codici per motivi di sicurezza. Tramite l’utilizzo di questo falso profilo social, l’organizzazione criminale era riuscita ad avere la fiducia dei 3 impiegati, due di Bologna e uno di Pescheria Borromeo (Milano). Da qui il capo banda aveva inviato sul posto la 42enne per «testare» il carattere dei tre. Secondo quanto riferiscono i carabinieri, la posta in gioco era di 10 euro a bancomat, per un totale di circa mille bancomat quasi tutti i fine settimana. Così, ogni venerdì, ovvero prima che l’istituto chiudesse, gli impiegati rubavano i bancomat e li nascondevano in una scatola che poi altri della banda recuperavano senza lasciare segni di scasso. Per riuscirci manomettevano le telecamere. Queste, spiegano gli investigatori, erano le disposizioni del clan ai tre impiegati, i quali si sarebbero così assicurati introiti pari a 40mila euro a testa al mese. Tra i 12 indagati – di cui due fruitori del reddito di cittadinanza – uno non potrà rispondere alle accuse perché è morto 3 mesi fa.

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