«E i cognomi dove sono?»: il mondo femminista attacca l’omaggio di Meloni alle donne che hanno fatto la storia – Il video

Tlon, Carolina Capria, Maria Cafagna e Michela Murgia: chi ha criticato la scelta della neo premier attaccandola di adottare una narrazione «scorretta»

Cristina, Rosalie, Alfonsina, Maria, Grazia, Tina, Nilde, Rita, Oriana, Ilaria, Mariagrazia, Fabiola, Marta, Elisabetta, Samantha, Chiara. Sono queste le donne che Giorgia Meloni ha voluto omaggiare nel suo discorso di ieri, 25 ottobre, alla Camera dei deputati per la fiducia al suo Governo. Citandole solo per nome. Un’abitudine tanto diffusa, quanto contestata, soprattutto negli ambienti femministi. Così, poco dopo il discorso, sui social non sono mancate le critiche. In particolare Maura Gancitano di Tlon – il progetto filosofico con Andrea Colamedici collegato a una casa editrice, librerie in tutta Italia, conferenze e divulgazione sui social – ha denunciato come la neo presidente del Consiglio non abbia detto alcun cognome nel citare le donne che hanno fatto la storia e che ha ringraziato per aver «costruito quella scala» che oggi le ha permesso di «rompere il tetto di cristallo».


Perché è sbagliato non dire il cognome

Secondo Gancitano, è stata una scelta tanto infelice quanto coerente con il modo in cui la destra tratta le questioni di genere: «In modo strumentale». Gancitano spiega come Meloni non abbia specificato di chi stesse parlando e si chiede: «Se fossero stati uomini avrebbe usato il nome di battesimo?». «Sicuramente no», risponde. Negli ultimi anni, questa è stata una delle battaglie più sentite del mondo femminista – portata avanti con vigore anche da Michela Murgia (che ha condiviso il video di Tlon) – che denuncia come nella narrazione che si fa delle donne si tende a mettere in luce la sfera privata e non quella pubblica. E il linguaggio ha un ruolo rilevante in tutto questo: citare il cognome di una persona significa rimandare alla sua sfera pubblica, quella del lavoro, del potere e delle imprese fatte – mentre il solo nome rimanda alla sfera familiare e degli affetti.


«Non basta essere donne per essere femministe»

Secondo il mondo femminista, il primo discorso della prima donna presidente del Consiglio ha dato un chiaro messaggio in merito alla linea del nuovo governo, che d’altronde si pone in continuità con la scelta della premier di farsi chiamare «IL» presidente, e non La presidente. A fare da eco alla denuncia di Tlon c’è anche l’ex deputata del Pd Giuditta Pini, che sui suoi account social ha scritto: «Meloni fa l’elenco delle donne italiane che hanno fatto la storia del nostro paese citandole solo con il nome di battesimo: è l’emblema di tutto». E ha aggiunto: «Così magari chi pensa che basti essere donna per essere femminista, la pianta». Anche la scrittrice e divulgatrice femminista Carolina Capria – così come Maria Cafagna – si unisce alla denuncia di Tlon e dice: «Giorgia Meloni sa come usare ben la comunicazione e quello che vuole fare è ribadire a tutti che il potere è maschio e che le donne possono ambire a ruoli di spicco solo se dimostrano di accettare le regole del patriarcato e se ne fanno portatrici».

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