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Copasir e vigilanza Rai: due partite che si intrecciano alle regionali del Lazio, mentre si allarga la frattura tra Pd e M5s

09 Novembre 2022 - 14:34 Felice Florio
Il Terzo polo potrebbe approfittare dell'implosione del campo largo, portando Maria Elena Boschi alla presidenza della Commissione bicamerale con delega ai servizi radiotelevisivi

L’asse Partito democratico-Movimento 5 stelle sembrava aver retto per la distribuzione di vicepresidenti, questori e segretari di Montecitorio e Palazzo Madama. Nonostante i pentastellati abbiano strappato, da seconda forza di opposizione dopo i Dem, due caselle in più del Nazareno negli uffici di presidenza, gli esiti di quelle votazioni non avevano creato scompiglio tra i due principali partiti del centrosinistra. La resa dei conti, però, è arrivata comunque: alle nomine parlamentari residue si intrecciano le elezioni regionali di inizio 2023. Ed è su questi due scacchieri che la distanza tra Giuseppe Conte ed Enrico Letta sfilaccia quel che resta del campo largo. Bisogna eleggere i presidenti del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, e della Commissione di vigilanza Rai. Due ruoli che spettano alle opposizioni, ma per i quali votano anche gli esponenti di maggioranza che siedono nelle bicamerali. Il Pd, da prima forza dell’opposizione, è lanciato verso la presidenza del Copasir. I due nomi in campo sono quelli di Lorenzo Guerini, candidato naturale in quanto ex ministro della Difesa, ma che sconta il niet dei 5 stelle, ed Enrico Borghi, già membro del Copasir e responsabile Sicurezza del Pd.

Negli ultimi giorni sta girando anche il nome di Francesco Boccia, più gradito ai 5 stelle rispetto agli altri due papabili. Le cose si complicano per la vigilanza Rai, commissione che vorrebbe presiedere il Movimento. L’intesa di massima tra i due principali partiti di opposizione non regge, o meglio, non basta: i loro voti non sono sufficienti per eleggere il presidente, ma serve chiudere accordi con altri gruppi parlamentari, compresa la maggioranza. Si sono fatti i nomi di Stefano Patuanelli, Alessandra Todde e Michele Gubitosa. Ma sarebbero nomi di copertura. Il primo, raccontano più fonti, vuole fare politica per il partito senza essere imbrigliato in incarichi istituzionali. Todde, nei piani del Movimento, dovrebbe aspirare ad altro: nel caso in cui la giunta regionale sarda, in fibrillazione, cada, potrebbe essere candidata per le elezioni in Sardegna, dove il Movimento 5 stelle alle scorse politiche ha strappato quasi il 22% con lei come frontwoman. Gubitosa, fedelissimo di Conte, sembrerebbe più indirizzato a fare le veci del presidente 5 stelle in parlamento e continuare ad avere un ruolo apicale nel Movimento. Lui è uno dei cinque vicepresidenti e, da statuto, chi ricopre altre cariche deve dimettersi dalle caselle di partito.

Allora il vero candidato nel mazzo grillino per presiedere la vigilanza Rai sembrerebbe quello di Riccardo Ricciardi che, però, sarebbe giudicato «troppo radicale» dagli esponenti degli altri partiti. Ad ogni modo, il Pd dovrebbe far convergere i propri voti su di lui, per rispettare l’accordo che include il Copasir. Ma come si è detto, non sarebbero comunque sufficienti per l’elezione. Nello stallo, si inserisce il Terzo polo, rimasto a bocca asciutta quando si è trattato di assegnare i vicepresidenti e questori delle Camere. Maria Elena Boschi è la favorita per presiedere la commissione bicamerale. Diversi parlamentari di centrodestra ritengono possibile il sostegno alla deputata renziana, nell’ottica di ripristinare una sorta di equilibrio tra gli incarichi che spettano alle opposizioni che, in questo momento, sono tutti appannaggio di Pd e M5s. Passerà dunque in vigilanza Rai il candidato del Terzo polo? Sembra probabile, e di certo il Nazareno non farà le barricate se ciò accadrà. Uno degli scenari che circolano è questo: lasciare che il Copasir vada al Terzo polo e, in cambio, avere garanzie per le regionali nel Lazio. Se fino a ieri sembrava naturale lottare per la Regione in tandem insieme ai pentastellati, con i quali si è collaborato nella legislatura precedente, la conferenza stampa di Conte ha sancito una rottura.

«Con questi vertici del Pd abbiamo difficoltà a sederci allo stesso tavolo. Una difficoltà che nasce da questioni politiche serie», ha dichiarato il presidente del Movimento. Tra i temi politici, ha annoverato la costruzione del termovalorizzatore a Roma, attaccando direttamente l’operato di Roberto Gualtieri e, indirettamente, la segreteria di Letta. Ha provato a smorzare i toni per la sua stessa successione Nicola Zingaretti, esponente di quella parte dei Dem che ancora crede nel dialogo con i 5 stelle: «Io penso che in questo modo Conte rompe l’alleanza di centrosinistra che governa il Lazio, senza motivo, perché la Regione non ha mai autorizzato e mai autorizzerà nessun inceneritore». L’infrastruttura per lo smaltimento dei rifiuti, taglia corto, riguarda Roma Capitale e i poteri ricevuti dal sindaco Gualtieri come commissario per il Giubileo. Per l’ex comunista Alessio D’Amato, assessore alla Sanità uscente che il Terzo polo si dice pronto a sostenere per battere il centrodestra, con il Movimento in Regione è stata «segnata una rottura definitiva». L’altro possibile candidato che corre in casa Pd per il Lazio, Daniele Leodori, ha invitato a lavorare «per tenere unita la coalizione regionale con il M5s, senza trovare elementi di divisione. La conferenza stampa di Conte è stata complicata, pone problemi seri, ma bisogna provare ad entrare nel merito. Dobbiamo costruire un campo largo e davvero unito».

Nonostante ciò, nemmeno Leodori rientrerebbe nelle grazie di Conte. Il Pd, su questa partita, non riesce a nascondere le sue fratture interne. Se una parte del Nazareno quantomeno prende in considerazione l’appoggio di Carlo Calenda per le regionali, il Pd romano non vede alternative all’alleanza con il Movimento. Al punto che, suggeriscono più fonti, a Conte sarebbe stata offerta anche la scelta di un candidato presidente di area 5 stelle pur di sfidare insieme la destra. Alle correnti laziali, tutte in posizione di debolezza a causa della frammentazione interna, interessa avere più seggi per sistemare i propri consiglieri regionali, che ottenere la presidenza. Il tema è convincere Conte a fare un accordo, ma dopo l’offerta della presidenza il leader dei 5 stelle avrebbe rilanciato: vuole anche lo stop all’inceneritore romano. Infrastruttura, però, sulla quale il Pd si è esposto troppo per tornare indietro. Si sta cercando di far passare l’idea che il termovalorizzatore non c’entri nulla con la politica regionale. Ma il Movimento pare non sentire ragione: «La realtà è che a Conte conviene correre da solo, così cresce nei sondaggi e nel consenso», chiosa un esponente del Pd Lazio. Il filo, ormai sottilissimo, che unisce i 5 stelle al Nazareno, passa dallo storico pontiere dei Dem a Roma: Goffredo Bettini. Conte, venerdì 11 novembre, interverrà alla presentazione del suo ultimo libro, A sinistra. Da capo. Sarà un’occasione per leggere tra le righe del discorso di Conte: quanto vorrà spingersi lontano dal Pd per affermare la sua leadership nell’opposizione al centrodestra?

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