No! Questo non è uno studio e non conferma che i vaccini a mRNA modifichino il DNA causando tumori

Un articolo, scambiato per studio scientifico, viene usato per la narrazione “vaccini cancerogeni”, ma si basa su ipotesi non dimostrate

Circola nelle condivisioni di Instagram uno “studio” apparso sul Journal of Neurological Disorders dove si afferma che l’mRNA dei vaccini contro il nuovo Coronavirus si integri nel DNA, causando tumori. Tra gli autori troviamo anche Peter A. McCullough, già noto per le sue affermazioni No vax. Ci sono anche le firme del naturopata Greg Nigh e dell’informatica Stephanie Seneff. Si tratta di una “revisione”, non di uno studio vero e proprio, basato principalmente su un precedente paper firmato da ricercatori svedesi dell’Università di Lund che non conferma le narrazioni No vax, come spiegato in un precedente articolo di Open Fact-checking.

Per chi ha fretta:

  • L’articolo in oggetto è una “revisione” basata soprattutto su un precedente studio svedese condotto in vitro, già utilizzato dagli ambienti No vax diffondendo una narrazione rivelatasi infondata.
  • Quando l’esperimento svedese è stato ripetuto non è stata riscontrata alcuna integrazione di mRNA.
  • Gli stessi autori dello studio svedese hanno smentito di aver dimostrato che i vaccini si integrano nel genoma.

Analisi

Non si tratta di uno studio, infatti nell’intestazione leggiamo «review article»:

L’intero articolo, intitolato «Potential Mechanisms for Human Genome Integration of Genetic Code from SARS-CoV-2 mRNA Vaccination: Implications for Disease», è una revisione di altri appositamente scelti perché appagano i preconcetti degli autori. Alla base c’è l’articolo dell’Università di Lund:

In questa revisione – spiegano gli autori -, vengono esplorati il potenziale ruolo degli elementi genetici mobili nell’eziopatogenesi delle malattie neurologiche, cardiovascolari, immunologiche e oncologiche e le possibilità di interferenza del DNA umano da parte dell’infezione e della vaccinazione da SARS-CoV-2. Le cellule germinali, le cellule tumorali e i neuroni vulnerabili possono presumibilmente essere tutti bersagli per l’integrazione anomala dell’mRNA, specialmente nelle cellule che invecchiano che mostrano una maggiore attività della LINE-1 rispetto alle cellule più giovani.

È interessante constatare che gli stessi autori di questa revisione devono ammettere, che lo studio svedese è stato replicato senza vedere alcuna integrazione del genoma di SARS-CoV-2 nelle cellule. Particolare che evidentemente sfugge a chi sta esaltando questa revisione come uno studio che dimostri qualcosa:

I ricercatori in Svezia hanno condotto uno studio in vitro su una linea cellulare di carcinoma epatico umano (cellule Huh7) esposta al vaccino Pfizer BioNtech BNT162b2, esaminando in particolare la questione se queste cellule abbiano la capacità di convertire l’mRNA nel vaccino in DNA […] Tuttavia, un altro gruppo ha tentato di ripetere lo studio, anche se con diverse differenze nella metodologia, e non è riuscito a trovare prove dell’integrazione SARS-CoV-2.

Il presunto ruolo della proteina Spike

Così anche lo schema che ricostruisce come avverrebbe tale integrazione, veicolata dalla proteina Spike (ipotetico per stessa ammissione degli autori), non dimostra alcun potenziale cancerogeno nei vaccini Covid.

Il PhD in Cancer biology Aureliano Stingi spiega a Open come mai lo schema in oggetto è infondato.

Il percorso descritto formalmente è corretto, ma in biologia non funziona che tu parti da “A” e arrivi a “Z” solo perché è scritto così nei manuali. Devi dimostrare ogni singolo passaggio. Loro dicono che l’espressione della Spike dei vaccini non stimola la produzione di inferferone 1, cosa non proprio vera, perché l’interferone è una sostanza che il nostro corpo produce in caso di infezione, ed è la cosiddetta immunità innata, non da anticorpi. Loro sostengono, basandosi su un paper di qualche mese prima, che i vaccini a mRNA non inducono immunità innata, mentre in realtà la inducono eccome. Tanto che diversi vaccinati possono prendersi pure la febbre. 

Da questa premessa loro producono una serie di passaggi a cascata che arrivano al cancro. Insomma, parliamo di uno schema basato su evidenze debolissime. Dovrebbe essere testato ogni singolo passaggio, con esperimenti rigorosi, prima di sostenere uno schema del genere. Partono già da un dato inesatto: “la Spike riduce la produzione di interferone tipo 1”. Non è vero, comunque viene indotta.

Perché lo studio svedese non conferma la narrazione

Riassumiamo allora perché il precedente lavoro dell’Università di Lund non dimostra alcuna integrazione potenzialmente cancerogena di mRNA nel genoma umano. Ricordiamo che ne avevamo trattato approfonditamente già qui e qui. Se ne era occupato in una analisi professore Enrico Bucci, esperto di revisione degli studi scientifici. I principali autori, Rasmussen e De Marinis, avevano smentito le interpretazioni No vax del loro lavoro.

Lo studio svedese in oggetto apparve il 25 febbraio 2022 su Current issues in molecular biology. I ricercatori hanno suggerito che elementi retrovirali noti come LINE 1 potessero risvegliarsi mediante l’mRNA dei vaccini, inducendo una retrotrascrizione. Si trattava di un lavoro in vitro su cellule tumorali del fegato, nessun controllo ha potuto accertare una avvenuta retrotrascrizione, che è stata poi smentita in un successivo studio. Del resto, nel paper di Rasmussen e De Marinis vediamo che gli elementi LINE 1 sembrano attivarsi a prescindere dalla presenza dell’mRNA.

Conclusioni

È stato esaltato l’ennesimo articolo apparso su una rivista di scarso rilievo, che afferma (senza accertare niente) la possibilità che i vaccini Covid modifichino il DNA causando tumori, basandosi per altro su altri studi che non dimostrano affatto la tesi in oggetto.

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