In Evidenza Governo MeloniLibanoPremio Nobel
ESTERIAmsterdamDonbassInchiesteIncidenti aereiMissiliOlandaRussiaUcraina

Quello del Donbass è un conflitto internazionale. Ecco cosa ci dice la sentenza sulla strage del volo MH17 sull’invasione russa in Ucraina (dal 2014)

18 Novembre 2022 - 04:15 David Puente
Oltre a smentire la teoria dell'aereo ucraino, la sentenza conferma che quanto avviene nel Donbass non sia un "conflitto interno" e che a sostenere i separatisti sia di fatto il Cremlino

Ad abbattere il volo MH17 della Malaysia Airlines sono stati i filorussi e non da un aereo dell’esercito ucraino come raccontò Nicolai Lilin, cascando nella bufala di un sito satirico tedesco, o come ipotizzò Gianfranco Pagliarulo in un suo post Facebook del 2014. La Corte dell’Aja ha messo nero su bianco non solo i nomi dei colpevoli della strage condannandoli all’ergastolo, nella sentenza del 17 novembre 2022 c’è scritto molto di più e riguarda l’invasione russa in Ucraina iniziata circa 8 anni fa. Non è un refuso, parliamo proprio di anni e non di mesi. I fatti storici dimostrano di come l’invasione russa in Ucraina sia realmente iniziata nel febbraio del 2014, poco tempo dopo la fuga del leader filorusso Yanukovich dopo la Rivoluzione di Maidan, quando le truppe russe denominate “omini verdi” entrarono in Crimea. Tale nome derivava dal fatto che i militari indossavano uniformi verdi completamente anonime, prive di segni di identificazione. Per quanto riguarda la Crimea, nel 2015 è stato lo stesso Vladimir Putin ad ammettere l’invasione da parte della Russia smentendo se stesso: nel 2014, il leader russo negò ogni coinvolgimento sostenendo che «non vi sono forze armate russe in Ucraina».

A seguito dell’annessione irregolare della Crimea alla Russia, dei gruppi di separatisti filorussi presero possesso dei palazzi governativi delle regioni di Lugansk e Donetsk, nel Donbass. Il volo della Malaysia Airlines venne abbattuto da un missile Buk il 17 luglio 2014, nel pieno del conflitto armato iniziato il 6 aprile, mentre sorvolava il territorio ucraino all’epoca sotto controllo da parte dei separatisti delle forze filorusse. Al di là del fatto che tra i condannati ci siano dei cittadini russi, Igor Girkin e Sergei Dubinsky, la Corte dell’Aja afferma senza alcun dubbio che la Federazione russa controllava le forze separatiste del Donbass, durante e prima dell’abbattimento del volo MH17. Consultando il testo della sentenza, in particolare il capitolo 4.4.3.1.3 intitolato «Natura del conflitto armato», la Corte conclude che la Federazione russa ha esercitato il controllo sull’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) almeno da metà maggio 2014. Un fatto che veniva negato da parte del Cremlino, smentito dalle indagini che hanno rilevato con chiarezza le forme di sostegno a favore dei separatisti da parte della Russia di Putin: finanziamenti, addestramento militare e forniture di armi e merci.

Di fatto, la Corte conferma che quanto avviene nel Donbass dal 2014 sia un “conflitto armato internazionale” e non un “conflitto interno“. Per quale motivo la Corte si è espressa in merito? Al fine di valutare se i combattenti sotto processo potessero o meno richiedere l’immunità nel caso fossero considerati parte delle forze armate della Federazione russa. Il tema viene trattato nel dettaglio nel capitolo 4.4.3.1.4 intitolato «Stato di combattente», ribadendo il controllo di Mosca sui filorussi ma senza considerare questi ultimi parte del suo esercito. Contrariamente a quanto sostenuto dai filorussi, ossia che ad abbattere l’aereo malese fosse stato un aereo SU-25 ucraino, la Corte riporta che i frammenti del missile Buk sono stati trovati anche nei corpi delle vittime (nella sentenza uno di questi viene indicato con il numero SIN AAHJ9117NL).

Ciò che si riscontra è che durante il processo le prove presentate dall’accusa erano legittime al contrario di quelle della difesa. Quest’ultima, nel tentativo di scagionare i filorussi, aveva presentato delle presunte prove fornite dalla Almaz-Antey, l’azienda russa produttrice dei missili Buk. Nella sentenza, al capitolo 6.2.2.5, la Corte sostiene che in diverse occasioni le cosiddette “prove” si siano rivelate falsificate o con evidenti tracce di manipolazione, ritenendo a quel punto le informazioni fornite dalla società russa come non indipendenti e imparziali. Durante il processo soltanto uno degli inputati era difeso da un avvocato. Si tratta di Pulatov, l’uomo responsabile del trasporto del veicolo di lancio del missile Buk, ritenuto non colpevole in quanto la Corte ha ritenuto che non abbia contribuito all’effettivo lancio.

L’intera vicenda, confermata grazie alle prove del processo, smentisce la teoria del “conflitto interno” nel Donbass. Una guerra voluta e alimentata dalla Russia non solo attraverso l’invasione della Crimea e il controllo dei separatisti, ma anche da false narrazioni come quella del fantomatico “genocidio” ad opera di Kiev contro i russofoni delle regioni di Lugansk e Donetsk, utilizzata nel 2022 da Vladimir Putin per giustificare la seconda invasione. Di fatto, la missione di monitoraggio dell’OSCE, operante in Ucraina dal 2014 fino al 31 marzo 2022, non ha mai riscontrato evidenze che provassero l’esistenza di uno “sterminio sistematico della popolazione del Donbass” da parte di Kiev.

Leggi anche:

Articoli di ESTERI più letti