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Meno restrizioni Covid, più polizia contro i manifestanti: la nuova linea di Pechino dopo le proteste

29 Novembre 2022 - 17:56 Simone Disegni
Sulla politica zero-Covid è necessario «rispondere alle ragionevoli richieste delle masse», ammette ora la Cina. Non sulla libertà di manifestare

Da un lato, l’apertura al possibile allentamento delle restrizioni più gravose contro la diffusione del Covid-19. Dall’altro, nessun cedimento alla linea dura contro proteste di piazza – anzi. È la duplice linea delle autorità cinesi che sembra emergere dopo il weekend “esplosivo” che ha visto riempirsi le principali città del Paese in manifestazioni senza precedenti contro il governo guidato da Xi Jinping. I primi segnali di una revisione della politica “zero-Covid” invisa a strati sempre più ampi della popolazione, specie dopo l’incendio ad Urumqi che aveva causato 10 morti per via dei confinamenti, erano arrivati ieri proprio dalla provincia nord-occidentale dello Xinjiang, dove le autorità locali avevano acconsentito alla “liberazione” degli abitanti dal lockdown, per lo meno per fare acquisti nei loro quartieri. Ora l’allentamento pare farsi strada anche a livello nazionale – stando agli annunci delle autorità politiche e sanitarie. Nel primo briefing con i media dopo le proteste del weekend, il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie di Pechino, Cheng Youquan, ha detto che i lockdown per stroncare la diffusione del virus dovrebbero essere revocati «il più rapidamente possibile».

Quanto ai problemi causati alla popolazione nelle ultime settimane dalla linea dura anti-Covid, è la tesi difesa da Youquan, essi non vanno attribuiti alle misure definite a livello centrale, ma all’eccesso di zelo dei funzionari locali nell’implementarle «in modo eccessivo», senza ascoltare le richieste della gente. Scaricabarile o parziale ammissione di responsabilità, quel che pare certo è che la direzione di marcia verrà rivista. Le autorità «faranno del loro meglio» per ridurre i disagi legati alla lotta contro il Covid-19, ha detto Mi Feng, un portavoce della Commissione sanitaria nazionale (NHC). Se le proteste degli scorsi giorni non sono state esplicitamente menzionate, Feng si è spinto ad affermare che i governi dovrebbero «rispondere e risolvere le ragionevoli richieste delle masse» in modo tempestivo. Alla domanda se il governo stia riconsiderando le sue politiche anti-Covid, Mi ha replicato che le autorità «hanno studiato e adattato le misure di contenimento della pandemia per proteggere al massimo l’interesse delle persone e limitare il più possibile l’impatto sulle persone stesse».

La riscoperta del vaccino

Per tenere sotto controllo la diffusione della varianti di Covid-19, le autorità cinesi sembrano rispolverare in parallelo la campagna vaccinale. Obiettivo delle prossime settimane – hanno annunciato oggi le autorità sanitarie – sarà quello di spingere le somministrazioni di vaccino per i cittadini più anziani. Al momento, secondo i dati ufficiali, soltanto il 76,6% degli over-80 ha ricevuto due dosi dell’antidoto – contro oltre il 90% nella popolazione generale – e il 65,8% ne ha ricevuta una terza di booster. Un trend comunque in crescita, considerato che quest’ultimo valore era dato al 40% lo scorso 11 novembre. «La vaccinazione è efficace nel prevenire la malattia grave e la morte», ha sottlineato un funzionario. Il documento approvato dalla Commissione sanitaria non fornisce tuttavia dettagli sulla strategia che le autorità intendono seguire per aumentare il numero di somministrazioni.

A quasi tre anni dall’inizio della diffusione della pandemia, la Cina non ha ancora approvato i vaccini di produzione occidentale basati su tecnologoa mRNA, e continua ad affidarsi al vaccino di propria produzione, Sinopharm. Un preparato che l’Oms garantisce essere sicuro soltanto per gli adulti dai 18 ai 60 anni, ed efficace solo al 79% contro l’infezione e l’ospedalizzazione. Proprio nei giorni scorsi, a suggerire alle autorità cinesi di rompere gli indugi ed approvare finalmente i vaccini di produzione occidentale era stato il governo tedesco, precisando che la raccomandazione era stata veicolata a Xi Jinping direttamente dal cancelliere Olaf Scholz nella sua recente visita a Pechino.

Tolleranza zero contro il dissenso

Lo stesso approccio comprensivo non verrà invece adottato sui moti di protesta popolari, inaccettabili per il potere centrale. La Commissione centrale per gli Affari legali e politici del Partito comunista cinese, il principale organismo di sicurezza cinese, ha chiesto ieri esplicitamente la «repressione delle forze ostili» così da «salvaguardare risolutamente la sicurezza nazionale e la stabilità sociale», pur concedendo che «è necessario risolvere tempestivamente conflitti e controversie e aiutare la soluzione delle difficoltà pratiche delle persone». Nel resoconto della riunione della Commissione si sottolinea in particolare la necessità di «reprimere risolutamente le attività di infiltrazione e sabotaggio da parte di forze ostili in conformità con la legge, reprimere risolutamente gli atti illegali e criminali che sconvolgono l’ordine sociale e mantenere efficacemente la stabilità sociale complessiva».

Indicazioni che le forze dell’ordine stanno già eseguendo ai quattro angoli del Paese. La polizia, riportano i corrispondenti dei media internazionali, pattuglia le principali città, specie nei luoghi dove si temono concentramenti di dissenso. E coloro i quali hanno preso parte nel weekend alle proteste stanno ricevendo chiamate dalla polizia cinese per verificare dove si trovino, hanno rivelato diversi testimoni alla Bbc. Segnali inequivocavili, in attesa di provarne l’efficacia il prossimo weekend.

Foto: EPA/MARK R. CRISTINO – Funzionari di polizia formano una barricata per contenere le proteste – Pechino, 27 Novembre 2022.

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