«Per fortuna ci siamo fermati…». Ecco perché il gip ha negato l’arresto per Agnelli e i vertici della Juve

L’intercettazione di luglio 2021 che ha convinto il giudice a non applicare misure cautelari o interdittive

C’è una ragione fondamentale per la quale il giudice per le indagini preliminari di Torino non ha ritenuto opportuno ordinare misure cautelari o interdittive ai danni di Andrea Agnelli o di altri dirigenti della Juventus indagati nell’affare-plusvalenze: i vertici del club potevano essersi in buona fede accorti della strada pericolosa intrapresa ed aver interrotto quel tipo di operazioni. È quanto spiega lo stesso gip Ludovico Morello nella decisione con cui lo scorso 12 ottobre ha respinto le richieste di misure interdittive per Agnelli e per gli altri indagati nell’inchiesta. Alla luce degli atti disponibili in quel momento, scriveva il giudice, «risulterebbe difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi in definitiva doloso, dai corretti criteri di contabilizzazione delle poste».


Frenata provvidenziale

A giustificare la prudenza del gip, si apprende, è l’incrocio tra le parole pronunciate dal direttore sportivo della Juventus, Francesco Cherubini, nel luglio 2021 e le evidenze contabili del bilancio chiuso poche settimane prima. «Per fortuna alla luce delle recenti visite ci siamo fermati», affermava Cherubini, che non è tra gli indagati, in una telefonata intercettata il 22 luglio 2021. Il riferimento era alla prassi delle plusvalenze e ai relativi accertamenti della Consob notificati nelle settimane precedenti. Nel provvedimento il gip osserva che esiste in effetti un “riscontro oggettivo” a quelle parole: le evidenze numeriche dei bilanci depositato tra il 2019 e il 2021. «Se negli esercizi chiusi al 30 giugno 2019 e al 30 giugno 2020 la voce ‘plusvalenze da cessione diritti calciatori’ era pari rispettivamente a 126 milioni (corrispondenti al 20,4% dei ricavi complessivi del club nell’esercizio 2019) e 166 milioni (29,1% nel 2020) – osserva Morello – per l’esercizio chiuso al 30 giugno 2021 era pari solo a 29 milioni (pari al 6,4% dei ricavi)». A giudizio del gip, insomma, mancava per applicare misure cautelari o interdittive il pressuposto del rischio di reiterazione del reato: le ‘manovre’ erano legate al periodo dell’emergenza-Covid e parevano interrotte o quasi. Resta il fatto, scrive comunque il gip nella decisione, che le modalità con cui sono state portate avanti dalla Juventus le cosiddette ‘manovre stipendi’ del 2020 e del 2021 vanno considerate «certamente illecite», al punto che «si condivide con la pubblica accusa la sussistenza di gravi indizi».


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